Ricerca Usa: il cervello cresce anche negli adulti

A sorpresa, il cervello umano ha trovato ancora il modo di stupire, superando la più consolidata delle teorie sul suo sviluppo: non è vero che una volta raggiunta l’età adulta resta uguale a se stesso, ma continua a crescere, almeno in una sua parte.

Pubblicata sulla rivista Science, la ricerca è stata condotta da Jesse Gomez dell’Istituto di neuroscienze dell’Università californiana di Stanford, e dimostra che nella parte del cervello specializzata nel riconoscere i volti si forma nuovo tessuto capace di assolvere nuove funzioni.

«Vediamo che questo tessuto cresce realmente», ha detto Gomez. La capacità di crescere del cervello è stata osservata in un’area che controlla una funzione importante, considerando che la capacità di riconoscere i visi è cruciale per avere una vita sociale, nei giovani come negli adulti. I risultati «indicano che ci sono dei cambiamenti concreti nel tessuto cerebrale che avvengono durante lo sviluppo», ha osservato il direttore dell’Istituto di neuroscienze di Stanford, Kalanit Grill-Spector. «Penso - ha aggiunto - che questo sia fantastico».

Finora era noto che nell’infanzia e nell’adolescenza avviene un processo di eliminazione delle connessioni fra i neuroni (sinapsi) ormai diventate inutili per lasciare spazio a quelle più produttive.

Adesso si è visto che avviene anche un altro cambiamento, nel quale si aggiunge qualcosa.

I ricercatori hanno chiamato il fenomeno «proliferazione di microstrutture», anche se non sono ancora in grado di specificare quali sia la natura delle microstrutture. Un’ipotesi è che siano le ramificazioni dei neuroni, ossia strutture chiamate dendriti che possono essere organizzate in modi diversi.

I dati che documentano questi cambiamenti sono stati raccolti osservando il cervello in attività in 22 bambini e 25 adulti con una tecnica non invasiva come la Risonanza magnetica nucleare. È emerso così che la regione del cervello che aiuta a riconoscere i visi continua a svilupparsi negli adulti, mentre non accade lo stesso nell’area che permette di riconoscere i luoghi, che resta invariata con il passare degli anni.

Per Raffalella Tonini, esperta di Neuroscienze dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit), «è una ricerca molto interessante e importante» e segna «un notevole avanzamento» perché potrebbe avere «implicazioni nella comprensione dei meccanismi alla base dei disordini dello sviluppo che portano a disturbi come autismo e schizofrenia».

Queste nuove conoscenze aprono anche la «possibilità di identificare altri bersagli molecolari».

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