Trapianto di rene su bambino Il donatore è morto a un anno

Trapianto di rene «record» al Policlinico di Milano: un bimbo di sei anni, in dialisi da due, ha ricevuto un rene nuovo da un bimbo di un anno, deceduto per un evento traumatico.

Secondo il team di esperti che ha effettuato l’intervento, sono rarissimi i casi di donatori così piccoli; ora, il prossimo passo sarà ricondizionare reni di donatori deceduti con pochi anni di vita, per aumentare ulteriormente le possibilità di trapianto.

L’intervento sul piccolo Marco (nome di fantasia) è avvenuto a fine aprile, ed è stato eseguito dall’equipe di Trapianto di Rene della Fondazione Cà Granda Policlinico di Milano.

«In Italia - spiega Claudio Beretta, chirurgo dell’Unità Operativa di Trapianto di Rene - negli ultimi 5 anni sono stati trapiantati 19 reni provenienti da donatori con età inferiore ai due anni, a fronte di una disponibilità reale di 41 organi, mentre 22 reni non sono stati utilizzati per la difficoltà di molti Centri trapianto ad accettare questo tipo di donatori». Gli esperti del Policlinico, invece, possono mettere in campo le giuste competenze:

«Il nostro Centro ha un’esperienza molto significativa con questo tipo di trapianto -, continua Beretta -. Infatti, dal 1969 ad oggi abbiamo eseguito 30 trapianti con reni provenienti da donatori di età inferiore ai 2 anni».

Marco ha avuto bisogno del trapianto perché affetto da ipodisplasia renale bilaterale, una malattia cronica dei reni che lo aveva costretto alla dialisi peritoneale.

Quest’ultima è una speciale dialisi che depura il sangue sfruttando il peritoneo, cioè la membrana che avvolge gli organi interni, ma che costringeva il bimbo ad avere un catetere permanente inserito nell’addome.

La disponibilità di un donatore di rene ha aperto la strada al trapianto, ma «l’utilizzo di reni provenienti da donatori così piccoli è molto dibattuto a livello internazionale - racconta Mariano Ferraresso, direttore dell’Unità operativa di trapianto di rene - non solo per le difficoltà tecniche dell’intervento, ma anche per l’alto tasso di complicanze post-operatorie e l’eventuale immaturità dell’organo, che a lungo termine potrebbe compromettere la riuscita del trapianto».

I dati raccolti dai registri internazionali trapianto «dimostrano chiaramente che la possibilità di utilizzare con successo reni provenienti da pazienti così piccoli sia strettamente correlato con l’elevata esperienza del Centro che effettua l’intervento.

E il buon risultato di questo tipo di trapianto pediatrico con donatori piccolissimi - prosegue Ferraresso - dipende da una interdisciplinarietà di alto profilo, che coinvolge non solo l’esperienza chirurgica dell’operatore, ma anche le competenze del nefrologo, dell’anestesista rianimatore, dell’ematologo e di tutto il personale infermieristico coinvolto nelle varie fasi del trapianto».

Il bambino è stato seguito in tutte le fasi dagli esperti della Nefrologia Pediatrica del Policlinico, coordinati da Giovanni Montini.

Dopo l’intervento è rimasto 13 giorni in osservazione, per verificare che fosse andato tutto per il verso giusto; e da poco, confermata la piena riuscita del trapianto, è potuto tornare a casa con i suoi genitori, lasciandosi alle spalle la dialisi.

«Il bimbo dovrà continuare la terapia immunosoppressiva per tutta la vita - sottolinea Beretta - e fare qualche attenzione in più al rischio di eventuali infezioni. Ma di fatto lo aspetta una vita praticamente normale, quasi come quella di tutti gli altri bambini».

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