Settimana corta a scuola Non tutti si adeguano

Il disegno di legge, che nei progetti della giunta dovrebbe andare in aula a giugno, prevede che tutti abbiano la settimana corta

di Patrizia Todesco

Il disegno di legge, che nei progetti della giunta dovrebbe andare in aula a giugno, prevede che dall’anno scolastico 2018/2019 tutti abbiano la settimana corta, ovvero che le lezioni vadano dal lunedì al venerdì. Oggi una buona parte delle scuole del primo ciclo la praticano, la sfida è «convincere» anche le superiori. Le maggiori resistenze sembrano esserci soprattutto nei licei scientifici. Sia il Galilei che il Da Vinci, ad esempio, hanno ancora tutte le classi con orario di sei giorni su sette.

Sono le scuole che, più delle altre, dovranno organizzarsi o pensare già a motivare bene una richiesta di deroga.

«Non ne abbiamo ancora parlato in collegio docenti - spiega la dirigente del Da Vinci, Valentina Zanolla - e quindi non c’è una posizione netta sulla questione. Sarà da valutare se continuare con l’attuale orario chiedendo una deroga o meno. Questo orario fino ad ora ha funzionato e per il nostro percorso di studi si sposa bene».

Stanno cambiando direzione invece all’istituto tecnico tecnologico Buonarroti. Nel corso di quest’anno scolastico tutte le classi frequentano sei giorni su sette per coprire le 35 ore settimanali e, a partire dal secondo anno, è previsto un rientro settimanale. Il prossimo anno, con l’accorpamento con il vicino istituto Pozzo che ha il tempo scuola organizzato su 5 giorni, anche al Buonarroti stanno pensando alla formazione di classi con un tempo scuola che preveda il sabato libero.

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Ha già iniziato a guardare avanti e a pensare ad una scuola organizzata, come auspicato dai vertici provinciale, il liceo classico Prati che da ormai tre anni consente alle famiglie degli studenti del ginnasio di fornire la loro preferenza sul tempo scuola.  Iscrizioni in crescita, coinvolgimento delle famiglie nella scelta, docenti che sembrano apprezzare questa formula sono tutti elementi che stanno facendo aumentare i numero delle classi che concentrano l’attività scolastica in cinque giorni. Con la fine delle lezioni il venerdì vengono favoriti soprattutto gli studenti che arrivano da fuori città e che preferiscono tornare sui banchi di scuola qualche pomeriggio durante la settimana che rimanervi anche il sabato. Al momento, al Prati, ci sono due prime classi (del ginnasio) con un tempo scuola su cinque giorni e una seconda classe. Il prossimo anno saliranno a tre le prime su 5 giorni. 

All’Itc Tambosi, invece, sono anni che il sabato l’istituto è chiuso, da quando ci fu la fusione con l’Ipc Battisti che aveva ancora qualche classe con orario misto. Ma poi tutto venne uniformato e da tempo tutti gli studenti finiscono scuola il venerdì con due rientri a settimana. Niente mensa - come accade in tutti gli istituti - ma gli studenti si sono organizzati e possono spendere il loro buono in quella di via Grazioli, in quella decisamente più lontana dell’Arcivescovile oppure al bar delle Iti preso in gestione dalla Risto 3.

«Una scelta, quella di concentrare l’attività scolastica su 5 giorni, che i ragazzi hanno subito apprezzato, soprattutto i pendolari  - spiega la dirigente Marina Poian - . In alcuni casi erano state le famiglie a far notare che con due rientri a settimana, soprattutto per gli studenti che abitano fuori città e devono tornare utilizzando i mezzi pubblici, c’è la difficoltà a conciliare la scuola con attività extra, come musica o sport, che in molti casi iniziano verso le 17». È evidente che il cambiamento degli orari della scuola dovrebbe andare di pari passo con una nuova organizzazione delle attività extra, dei trasporti, dei servizi per i pasti. «Come dirigente, dal punto di vista puramente organizzativo, i cinque giorni vanno sicuramente meglio perché prima si doveva individuare il personale disponibile a lavorare nella giornata di sabato, mentre ora non c’è alcun problema».

Fin dalla sua istituzione è sempre stato organizzato su cinque giorni il liceo linguistico Scholl, dove le lezioni sono distribuite su cinque giorni con due rientri settimanali.

Stesso discorso al liceo di scienze umane Antonio Rosmini dove da anni ormai nessun studente frequenta nella giornata di sabato. «Una scelta maturata negli anni - spiega la dirigente Matilde Carollo - che ci ha portato a uniformare tutte le classi con lo stesso orario che è stato ritenuto compatibile con una buona organizzazione».

La Provincia, sul tema della «buona scuola», ha anche promosso una consultazione on line. Fino al 20 maggio, cittadini possono inviare idee, osservazioni e suggerimenti sulla proposta di modifica della legge provinciale sulla scuola, collegandosi alla homepage della Provincia. In una specifica sezione saranno consultabili il disegno di legge, la relazione e le slide illustrative.

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L’indirizzo di posta elettronica è scuolatrentina@provincia.tn.it.


 

Su 3.461 classi distribuite in tutte le scuole del Trentino, dalle primarie alle superiori, comprese anche le professionali, il 68% ha già optato per la settimana corta, ossia ha deciso di concentrare le attività scolastiche dal lunedì al venerdì, sacrificando qualche pomeriggio di libertà per consentire ai ragazzi (ma anche ai docenti) di avere due giorni consecutivi per riposare, ripetere, fare altre attività e, soprattutto per chi la scuola non l’ha sotto casa e deve rimanere in convitto, di tornare in famiglia per il fine settimana. Scuole primarie e secondarie di primo grado sono quelle che si sono maggiormente adeguate. Tra elementari e medie circa l’80% delle classi hanno già la settimana corta con orari che variano da istituto a istituto perché il tempo scuola è un qualcosa che - anche all’interno dei diversi plessi scolastici - è in continua evoluzione. Più «resistenti» al cambiamento sembrano invece essere le scuole superiori, i licei soprattutto, dove i pomeriggi da sempre erano dedicati allo studio e non alle lezioni.

Intanto, al’indomani della proposta della legge su cinque giorni, il presidente Ugo Rossi era stato possibilista e aveva aggiunto: «In casi particolari si può pensare a una deroga ma dovrà essere motivata»

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