Slow Food, a Riva del Garda il congresso nazionale

Slow Food, l'arca della biodiversità, che difende la grande bellezza di non cibarsi di schifezza, è stata identificata a lungo con un sol uomo, Carlìn Petrini, ma dovremmo cominciare a considerarla un piccolo grande movimento di massa, se è vero che sono un milione le persone che, nel nostro Paese, sono in qualche modo coinvolte nel movimento del cibo lento. E allora è giusto tastare il polso dell'arca Slow parlando con  Roberto Burdese , ragazzo del Sessantotto, passione per il basket, un blog sul Fatto quotidiano, nativo di Bra, insomma compaesano del Profeta di Terra Madre: che dopo 8 anni al timone, al congresso nazionale con ben 771 delegati, che comincia oggi a Riva, lascia la presidenza di Slow Food Italia

di Paolo Ghezzi

Slow Food, l'arca della biodiversità, che difende la grande bellezza di non cibarsi di schifezza, è stata identificata a lungo con un sol uomo, Carlìn Petrini, ma dovremmo cominciare a considerarla un piccolo grande movimento di massa, se è vero che sono un milione le persone che, nel nostro Paese, sono in qualche modo coinvolte nel movimento del cibo lento. E allora è giusto tastare il polso dell'arca Slow parlando con  Roberto Burdese , ragazzo del Sessantotto, passione per il basket, un blog sul Fatto quotidiano, nativo di Bra, insomma compaesano del Profeta di Terra Madre: che dopo 8 anni al timone, al congresso nazionale con ben 771 delegati, che comincia oggi a Riva, lascia la presidenza di Slow Food Italia.


Per la prima volta, due candidati. Che fate, vi spaccate, imitate mica il Pd?


«Non spacchiamo niente. Nino Pascale, fino a un mese fa presidente di Slow Food Campania, e Cinzia Scaffidi - direttrice Centro studi Slowfood Italia - hanno proposto due modi di raggiungere lo stesso obiettivo. Andremo a fare sintesi, i perdenti non faranno minoranza, ma probabilmente avranno un rappresentante nell'esecutivo... Se in una famiglia si vota tra la vacanza al mare e quella in montagna, non è che il figlio in minoranza che ha votato Dolomiti, resta a casa in città se il resto della famiglia va nel Cilento».


Ma su che cosa si dividono le due anime della vostra grande famiglia?


«La proposta Pascale è pragmatica, figlia dei territori, in continuità con i 4 anni precedenti, connessa con la rete associativa. La linea Scaffidi viene da una riflessione intellettuale-filosofica, pesca nei territori persone che hanno dato contributi sui temi: bada più ai contenuti che all'associazionismo».


Tra i candidati per il consiglio nazionale c'è anche un trentino.


«Sì, è Gianfranco Bettega, fiduciario di condotta nel Primiero: bellissima esperienza di comunità del cibo».
Siete un esercito, voi slowfoodisti.
«No, non siamo massa, ma minoranza. Se abbiamo raggiunto un milione di italiani, ce ne sono altri 59 milioni. E visto che noi parliamo di come mangiare bene, per l'ambiente, per la salute, per tutti, siamo ancora troppo pochi. A lottare perché il tonno rosso - per esempio - si salvi dall'estinzione».


Quale Slow Food lascia, dopo 8 anni?


«Ho lavorato affinché ci radicassimo nel territorio, innescando dinamiche di democrazia e di partecipazione, rendendoci immuni da condizionamenti esterni, robusti a sufficienza per lottare contro gli ogm delle multinazionali».


Che per voi sono, comunque, il babau?


«Senta, gli ogm sono commercializzati fin dal 1996 e possiamo concludere che è una tecnologia fallimentare: in tutto, hanno prodotto solo 4 piante (mais, cotone, soia, colza) e 2 mutazioni genetiche per farle resistere a erbicidi e parassiti. La maggior parte serve dunque per poter usare più erbicidi, e far guadagnare le multinazionali, le stesse che vendono i semi. E nessuna di quelle piante è per il cibo umano: ma pergli animali e il biofuel. Ogm futuro del cibo? Balle».


Ma il progresso? Siete neoluddisti?


«La biotecnologia non è solo transgenica (gli innesti non lo sono, forse?) e si potrebbe utilizzare per dare risposte alla fame di tutta l'umanità, ma pochissime risorse vengono destinate a questo filone di ricerca. Eppure si potrebbe alimentare il pianeta, tutelare la salute, la qualità dell'ambiente, il gusto, l'economia».
Chi deve decidere, sugli ogm? Non il mercato, par di capire, ma l'Europa? Gli Stati? Le Regioni?
«Oggi sugli ogm decide l'Europa, gli Stati non hanno piena autonomia per vietarli. Siamo favorevoli all'idea che i singoli Stati possano avere più potere decisionale, ma fra i territori ci dev'essere omogeneità di regole: tra la provincia di Pordenone e quella di Treviso non ci possono essere due leggi diverse: con i movimenti dell'impollinazione, un agricoltore biologico si ritroverebbe l'ogm in campo. Ci vorrebbero fiori di assicurazioni... No, gli ogm è meglio lasciarli alla competizione tra le grandi pianure di Usa, Argentina, domani la Cina. Sarebbe insensato se l'agricoltura italiana le inseguisse, non deve tagliarsi gli attributi».


Al vostro congresso arriva il neoministro Maurizio Martina... prima c'era la De Girolamo: che agri-girandole...


«Se si cambiasse in meglio... Ogni tanto invece ne mettono uno che non capisce niente. Adesso abbiamo un ministro che qualcosa ne sa, si impegna. Ha dimostrato buona volontà di ascolto, speriamo...».
Mettiamo che Renzi fa il rimpasto e mette Burdese al posto di Martina. Quali sono le sue prime tre mosse?
«Ipotesi surreale, le tre mosse le regalo a Martina: 1) Chiudere la partita degli ogm con un "no" definitivo; 2) Una legge per arrestare il consumo di suolo agricolo; 3) La Pac europea eroga ancora un sacco di soldi, ma agli agricoltori veri vanno le briciole. La fetta maggiore va nelle tasche dove non dovrebbero finire: come a chi coltiva mais idrovoro per il biogas. Basta».


Sul Trentino, quali slow-speranze ci può suggerire, presidente Burdese?


«Valorizzare quest'agricoltura straordinaria di montagna verso il 2015, e l'Expo sul nutrire il pianeta. Pensiamoci come se dovessimo sfamare la nostra famiglia. Ognuno faccia il censimento di quali produttori e saperi ci sono ancora, e ripartiamo da lì. Per limitarci all'Alto Garda-Monte Baldo, dal broccolo di Torbole: è nei vegetali che possiamo distinguerci. La sfida è riscoprire anche i legumi tradizionali: per sostituire la carne; non ce n'è più per tutti. Trovassimo una cultivar trentina da caricare sulla nostra arca...».


Che cos'è oggi, Slowfood?


«Comunità di destino contro l'omologazione che ci annega come il diluvio».


E chi è Carlo Petrini? Mosè o Noè?


«Vittorio Sgarbi, un po' esagerando, ha detto che è il più grande intellettuale dopo Pasolini. Ma forse è vero: le sue intuizioni all'inizio degli anni Ottanta, largamente in anticipo sui tempi, si rivelano sempre più azzeccate».

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