Corona «Dobbiamo crescere i bambini in modo diverso»

Martedì prossimo 29 sarà a Trento, alle 21 all’Auditorium, lo scrittore arrampicatore Mauro Corona. L'hanno chiamato per una serata dal titolo "Le montagne d’Italia. «Come si fa a creare una società nuova in cui poter vivere tranquilli, senza distruggere tutto ciò che ci circonda? Uccidiamo la montagna e stiamo uccidendo il mare. Ogni mamma deve iniziare a tirare su in modo diverso i suoi piccoli. Non cambierà nulla finché cresceremo bambini da 800 euro a vestito, avviati a comprare una Audi da 80.000 euro»

di Renzo Maria Grosselli

mauro coronaMartedì prossimo 29 sarà a Trento, alle 21 all’Auditorium, lo scrittore arrampicatore Mauro Corona. L'hanno chiamato per una serata dal titolo "Le montagne d’Italia. Una testimonianza sui vinti e sui marginali" per i 100 anni dalla Grande Guerra, 50 dal Vajont, 30 da Stava.


Dice Corona: «Come si fa a creare una società nuova in cui poter vivere tranquilli, senza distruggere tutto ciò che ci circonda? Uccidiamo la montagna e stiamo uccidendo il mare. Ogni mamma deve iniziare a tirare su in modo diverso i suoi piccoli. Non cambierà nulla finché cresceremo bambini da 800 euro a vestito, avviati a comprare una Audi da 80.000 euro. E che corrono verso la cementificazione e si beano nel turismo di massa. La causa di tutto è l’uomo, la sua cattiva educazione, sin da bambino. Un genitore maldestro e sciagurato non deve poter imporre una formula distruttiva a suo figlio».


Il suo ultimo libro, «La voce degli uomini freddi», parla di montanari perdenti o vincenti?
«Erano vincenti, avevano vinto una natura ostile, non violentandola ma accondiscendendola. Non attaccandola e devastandola, accettandola e accettando alcuni suoi dettami. Erano felici. Ma quelli del mio libro sono anche dei perdenti, perché alla fine, per scopo di lucro li hanno fatti fuori. È la storia del Vajont. Erano vincenti fino a quando non si sono avvicinati a loro gli uomini avidi, cinici, quelli a cui si sono infine venduti e con questo hanno perduto anche l’anima. I loro figli hanno capito che da quella valle potevano fare soldi e sono andati là a distruggere la pace, ad aggredire la natura. Quando blocchi il corso del fiume, blocchi il suo scorrere, dall’inizio del mondo, e se ti va male quella violenza ti ritorna da un’altra parte. Esempio; non c’è mai stato lo stambecco su questi monti. Semmai, lascia che arrivi da solo! Ma gli uomini credono di sapere tutto, arroganza insopportabile. Portarono lo stambecco. Se lo porti, anticipi i tempi di maturazione: qui da noi lo stambecco ha scalzato il camoscio, che oggi ti arriva nei bar. Poi i nuovi arrivati si ammalano, non sopportano il nuovo clima. L’uomo vuole decidere tutto. S’illude. Sulle rive del Vajont era una vita splendida. No! Fermiamo il torrente! La natura insegna che ad ogni azione corrisponde un’azione uguale e contraria. Quando fai un’autostrada, uccidi bar, osterie, negozi che vivevano sul ciglio della strada normale; Cadore, Fadalto, Forti di Primolano. Morti. L’uomo deve pensare quando colloca la sua arroganza da qualche parte. Ma vuole solo  schèi».


Mauro Corona, la bandana, la barba incolta e dura, la magrezza e il muscolo a vista, l’occhio maschio e il vino. È questo che cercano coloro che ogni anno vengono ad ascoltarti e che comperano i tuoi libri? Un cliché?
"Non sono intelligente. Né cretino. Ho capito che l’umanità vuole personaggi e ne ho creato uno. Devi andare in televisione per vendere libri. Ho capito il carisma della televisione e mi sono creato un cliché. Ma ora, raggiunto quello che volevo, sto tornando a grandi passi a recuperare la mia figura. Che non è quella dello spaccone ma del timido, positivo. Mi spoglio di questa figura che mi è diventata antipatica. Ma ho dovuto giocarci, per trovare uno spazio. Ora però il gioco sta diventando noioso. Coraggioso e bevitore: non bevo più da due anni e mezzo. Ti dirò di più: non intendo nemmeno andare avanti con la storia del personaggio pubblico. Vado al FilmFestival di Trento perché ci vado da più di quarant’anni, e perché è la mia città. Ma non calcherò altre scene».

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