Virus, la situazione nel mondo: 2 mila morti ma 23.133 guariti. Fact checking: e l'influenza "normale"?

Divieto di allontanamento e di ingresso nelle aree 'focolaio' del virus, che saranno presidiate dalle forze di polizia e, in caso di necessità, anche dai militari, con sanzioni penali per chi viola le prescrizioni. Stop alle gite scolastiche in Italia e all'estero, sospensione di tutte le manifestazioni pubbliche - a partire da tutte quelle previste per domani in Lombardia e Veneto, compresa la serie A - quarantena con "sorveglianza attiva" per tutti coloro che sono stati in contatto con casi confermati del virus. E ancora, chiusura di scuole, negozi e musei, stop a concorsi, attività lavorative private e degli uffici pubblici, fatti salvi i servizi essenziali, limitazione per la circolazione di merci e persone.

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha chiesto "a livello prudenziale che le scuole vadano chiuse in città. Proporrò al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana - ha detto - di allargare l'intervento a livello di Città metropolitana. È un intervento prudenziale. Ad oggi vediamo di farlo per una settimana e ritengo che sarà sufficiente. Gli eventi in città sono tanti, non immagino una città blindata in cui tutto viene annullato ma quelli che sono non obbligatori e rinviabili magari sarà buon senso rinviarli"

"I numeri della notte porta a 89 infettati in Lombardia - ha detto il presidente della Lombardia Attilio Fontana - e quindi su base nazionale "purtroppo" si "superano sicuramente i cento. Il numero di persone che dovrà stare in isolamento per scongiurare che abbiamo il Coronavirus "sarà molto rilevante", si cercano altre strutture oltre all'ospedale militare di Baggio a Milano e gli alloggi dell'aeronautica a Piacenza. Si sta valutando "un ospedale dismesso e strutture alberghiere che siano disponibili. Ulteriori disposizioni verranno presto promulgate. Credo - ha detto Fontana - che si debba ringraziare l'atteggiamento assunto dai cittadini lombardi che hanno accettato le limitazioni, che si sono comportati seguendo i consigli dati, che non hanno drammatizzato dimostrando di essere una comunità di persone serie. Di questo bisogna ringraziarli e bisogna insistere perché ci vengano ancora dietro e seguano anche le ulteriori disposizioni che verranno presto promulgate".

Il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, precisa che "il nostro compito è quello di contenere i contagi, ma siamo già allertati a una fase addirittura successiva a quella che abbiamo oggi. Il contagio non avviene solo incrociando una persona, bisogna avere contatto ravvicinato, facciamo attenzione".

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli ha assicurato che l'obiettivo è "isolare il virus e non le persone. Abbiamo deciso sulla base di evidenze scientifiche perché è fondamentale, in questo momento, tutelare la salute di tutti. Per questo, per le persone che vivono nei luoghi del contenimento, prenderemo decisioni economiche e di cura importanti. E deve essere chiaro che nessuno sarà lasciato solo". 

Il Viminale ha deciso che "L'Ocean Viking sbarcherà nel porto di Pozzallo. Al fine di assicurare adeguate misure di prevenzione, i migranti saranno trattenuti in quarantena nell'hotspot della cittadina siciliana. Alle medesime finalità precauzionali, il personale della nave rimarrà isolato a bordo per tutto il periodo necessario. Le autorità competenti provvederanno agli accertamenti e alla sorveglianza sanitaria ritenuti indispensabili". 

 Il Consiglio dei ministri, al termine di una riunione fiume nella sede della Protezione Civile, ha approvato sabato sera un decreto con misure durissime per tentare di arginare il diffondersi del coronavirus dopo l'esplosione dei focolai in Lombardia e Veneto e il primo caso registrato in Piemonte. Il bilancio mondiale del coronavirus sale a 2.461 vittime, secondo la mappa online della statunitense Johns Hopkins University. Stando ai dati pubblicati, i casi confermati di contagio sono 78.766, tra cui i 76 italiani. Sono, invece, 23.133 le persone guarite ad oggi.

Situazione che è molto meno grave, fra l'altro, della influenza tipo A - quella "normale", chiamiamola così - che lo scorso anno in Italia uccise circa 800 persone e più di un milione in tutto il mdono, senza per questo provocare alcun allarme o panico.


FACT CHECKING: E' VERO CHE FA PIU' MORTI L'INFLUENZA "NORMALE"?

Ma quanti morti ci sono ogni anno a causa dell’influenza stagionale? È possibile fare un confronto con il nuovo coronavirus?

Andiamo a vedere che cosa dicono i numeri.

Che cos’è l’influenza stagionale “L’influenza rappresenta un serio problema di sanità pubblica e una rilevante fonte di costi diretti e indiretti per la gestione dei casi e delle complicanze della malattia e l’attuazione delle misure di controllo”, ha scritto il Ministero della Salute nel rapporto “Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2018-2019”. “È tra le poche malattie infettive che di fatto ogni uomo sperimenta più volte nel corso della propria esistenza indipendentemente dallo stile di vita, dall’età e dal luogo in cui vive”.
Da un punto di vista clinico, come spiega Epicentro (il portale dell’epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità), l’influenza “è una malattia respiratoria acuta causata da virus influenzali”. È definita “stagionale” perché si presenta generalmente durante il periodo invernale.

Dal 1933 – data del primo isolamento – sono stati individuati quattro tipi di virus influenzali (A, B, C e D, tutti della famiglia Orthomixoviridae), ma sappiamo con certezza che solo i primi tre possono colpire gli esseri umani. Tra questi, quelli di tipo A e B sono ritenuti i responsabili dei sintomi – come febbre, mal di testa, mal di gola e tosse – della classica influenza (i virus di tipo C generano al più un raffreddore).
Per comprendere l’epidemiologia dell’influenza stagionale bisogna sottolineare un aspetto centrale.
Tutti i virus influenzali hanno una “marcata tendenza” a variare, spiega l’Iss, “cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella popolazione che in passato ha subito l’infezione influenzale”. In parole povere: questi virus mutano in modo da evitare che gli anticorpi creati dalle precedenti versioni del virus siano ancora efficaci.

Questa peculiarità ha due conseguenze dirette: da un lato la composizione dei vaccini influenzali va aggiornata ogni anno; dall’altro è fondamentale l’attività di sorveglianza per monitorare stagionalmente la diffusione della malattia e le sue caratteristiche, come il numero dei contagiati.

Quanti sono i contagiati

Ogni stagione invernale, InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell’Iss) pubblica settimanalmente sul suo sito i risultati del monitoraggio a partire dalla settimana n. 42 di un anno (metà ottobre) alla settimana n. 17 dell’anno seguente (fine aprile).

In base ai dati più aggiornati, dal 14 ottobre 2019 al 9 febbraio 2020 – dunque a quasi i due terzi del periodo monitorato – il numero di casi simil-influenzali è stato di 5.018.000 (il rapporto completo è consultabile nel link in fondo alla pagina).
Ad oggi le regioni maggiormente colpite sono la Val D’Aosta, l’Umbria, le Marche, il Lazio, l’Abruzzo, il Molise e la Basilicata. Il picco stagionale è stato raggiunto nella quinta settimana del 2020.
Al termine della stagione influenzale 2018-2019, i casi erano stati 8.104.000, tra il 2017 e il 2018 8.677.000 e tra il 2016 e il 2017 5.441.000.
Questi numeri ci danno un’idea della portata del fenomeno, ma non riguardano tutti i reali casi di contagio. “Si sottolinea che l’incidenza dell’influenza è spesso sottostimata poiché la malattia può essere confusa con altre malattie virali e molte persone con sindrome simil-influenzale non cercano assistenza medica”, ha scritto il Ministero della Salute nelle sue raccomandazioni.

Secondo i dati dell’Iss, è possibile dire che ogni anno le sindromi simil-influenzali coinvolgono circa il 9 per cento dell’intera popolazione italiana, “con un minimo del 4 per cento, osservato nella stagione 2005-06, e un massimo del 15 per cento registrato nella stagione 2017-18”.

Le fasce più colpite della popolazione sono quelle in età pediatrica (0-4 anni e 5-14 anni) e con 65 anni e oltre. Ma il coronavirus ha dimostrato di non attaccare i bambini (o almeno colpirli in forma molto attenuata). Nessun paziente grave nel mondo, ad oggi, ha meno di 15 anni di età.

Secondo il Ministero della Salute, che riporta i dati del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), ogni anno in Europa si stimano circa 50 milioni di casi sintomatici di influenza, e fino a un miliardo nel mondo, secondo dati dell’Oms.
Ma quante sono le morti in Italia causate dall’influenza stagionale?

I numeri sui morti

“In Italia i virus influenzali causano direttamente all’incirca 300-400 morti ogni anno, con circa 200 morti per polmonite virale primaria”, ha spiegato a Pagella Politica Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore all’Università degli Studi di Milano. “A seconda delle stime dei diversi studi, vanno poi aggiunti tra le 4 mila e le 10 mila morti “indirette”, dovute a complicanze polmonari o cardiovascolari, legate all’influenza”.

I virus influenzali possono infatti creare delle complicazioni – soprattutto in adulti e bambini con malattie gravi, persone con più di 65 anni, donne in gravidanza e alcune categorie professionali, come gli operatori sanitari – che aumentano il rischio di morte.

“L’influenza fa crescere la temperatura corporea, aumenta la gittata cardiaca, rende più difficile la respirazione, e gli studi mostrano che questo, per esempio, ha una correlazione con un rischio di infarto maggiore”, ha spiegato a Pagella Politica Pregliasco. “Chi respira già male può prendersi la polmonite per colpa dell’influenza, per esempio quella batterica secondaria”.

In generale, spiega l’Iss, si stima comunque che il tasso di letalità dell’influenza stagionale (ossia il rapporto tra morti e contagiati) sia inferiore all’uno per mille.

Il confronto con il COVID-19

Possiamo quindi dire che l’influenza stagionale è più pericolosa del nuovo coronavirus (ora chiamato SARS-CoV-2, che causa la malattia ribattezzata dall’Oms COVID-19), considerato che solo in Italia i morti per la prima sono ogni stagione più alti di quelli registrati finora in Cina a causa del secondo?

A livello generale la risposta, che come vedremo si basa per ora su dati provvisori, è “no”.
Abbiamo visto nell’introduzione che su oltre 73.300 contagiati da SARS-CoV-2, i morti per COVID-19 sono stati 1.870. Questo lascerebbe suggerire che il tasso di letalità del nuovo coronavirus sia del 2,5 per cento circa, dunque 25 volte più alto di quello dell’influenza. Tuttavia è ancora decisamente troppo presto per trarre conclusioni in proposito. I dati alla base di questo calcolo sono infatti non definitivi e, secondo gli esperti, probabilmente incompleti.

“Si parla di numeri altamente provvisori”, ha sottolineato ancora Pregliasco. “Per esempio, in Cina non abbiamo l’esatto valore del denominatore, ossia dei contagiati, che potrebbero essere molti di più”.

“Il problema che pone il nuovo coronavirus è di tipo potenziale perché uno scenario possibile per il futuro è quello pandemico – ha sottolineato Pregliasco – in cui venga contagiata una buona parte della popolazione”. Ma questo, appunto, è una eventualità, evitabile se per esempio si riuscirà a contenere il contagio.

Conclusione

Secondo le stime del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore della sanità, in Italia ogni anno circa il 9 cento della popolazione è colpito da sindromi simil-influenzali, con un numero di morti che oscilla tra i 300 e i 400 decessi diretti dovuti all’influenza, e tra i 4 mila e i 10 mila decessi tra chi sviluppa complicanze gravi a causa dei virus influenzali.
Il tasso di letalità (ossia il rapporto tra morti e contagiati) si attesterebbe quindi intorno allo 0,1 per cento (l’uno per mille), mentre un discorso diverso vale per il nuovo coronavirus.
Per quanto ne sappiamo finora, i dati sul SARS-CoV-2 ci dicono che il suo tasso di letalità potrebbe aggirarsi intorno al 2,5 per cento, ma è ancora troppo presto per avere conclusioni epidemiologiche solide, dal momento che non è soprattutto chiaro quanti effettivamente siano i contagiati totali. Potrebbe infatti esserci un numero molto elevato di persone che non si sono recate negli ospedali, avendo accusato solo dei sintomi lievi e facendo affidamento a rimedi tradizionali, soprattutto nelle prime fasi di diffusione del virus. 

(A cura dell'agenzia giornalistica AGI)

 

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