A 15 anni dallo tsunami in Asia che fece 230mila vittime sono migliaia i corpi senza nome

Migliaia di corpi senza un nome, altri mai ritrovati e molti ancora che continuano a riaffiorare dalle acque che li hanno inghiottiti. Sono passati 15 anni dal violentissimo terremoto di magnitudo 9.1 che il 26 dicembre colpì l’Oceano Indiano al largo della costa nord-occidentale di Sumatra, in Indonesia, provocando un gigantesco tsunami: quelle gigantesche, maledette onde anomale, alte fino a 30 metri, che devastarono parti delle regioni costiere dell’Indonesia, dello Sri Lanka, dell’India, della Thailandia, della Birmania e del Bangladesh, si portarono via 230mila vite umane e sconvolsero il mondo.

Anche quest’anno, migliaia di famiglie si sono date appuntamento davanti alla fossa comune nella provincia indonesiana di Aceh Besar, dove interi villaggi sono stati inghiottiti dalle onde con almeno 125mila morti, per la cerimonia di commemorazione.

Sul campo d’erba di Aceh, dove sono sepolte 47mila vittime in una fossa comune, ogni anno i parenti pregano, spargono petali di fiori e cercano conforto tra di loro.

«Non ci sono parole per descrivere quello che abbiamo visto 15 anni fa, con migliaia di cadaveri davanti agli occhi», ha detto il governatore ad interim di Aceh, Nova Iriansyah, durante la cerimonia di commemorazione a Sigli, città nel distretto di Pidie. «Oggi possiamo vedere come le persone di Aceh sono state in grado di superare la sofferenza e risorgere, grazie all’aiuto di tutti gli indonesiani e delle persone di tutto il mondo», ha aggiunto. Come segno di rispetto, i pescatori di Bireuen hanno tenuto una preghiera sulla spiaggia, decidendo poi di non avventurarsi in mare con le loro barche.

Quello che viene considerato uno dei più catastrofici disastri naturali dell’epoca moderna ha avuto la sua origine e il suo sviluppo nell’arco di poche ore e ha riguardato l’intero sud-est dell’Asia, giungendo a lambire le coste dell’Africa orientale. Quindici anni dopo la tragedia, di tanto in tanto dall’Oceano continuano a riemergere altri resti. Anche se l’Indonesia è stato il Paese con il maggior numero di vittime, diverse cerimonie di commemorazione si sono tenute anche in Thailandia (dove tra gli oltre 5mila morti ci furono molti turisti), India e Sri Lanka.

Intanto nelle Filippine almeno 16 persone hanno perso la vita a causa di un tifone che si è abbattuto oggi su villaggi rurali e aree turistiche. L’uragano “Phanfone”, con venti che soffiavano fino a 195 chilometri orari, ha divelto i tetti degli edifici e abbattuto i pali della corrente elettrica. I danni maggiori e le vittime si contano sull’arcipelago delle Visayas.

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