Endorsement di Obama a favore dell'alleato Renzi

A un mese e mezzo dal referendum costituzionale, Barack Obama ha già votato «sì», convinto che «aiuterà l'Italia» e auspicando che Matteo Renzi resti al timone anche se vincerà il no: «Io tifo per lui, per le sue riforme coraggiose e secondo me deve restare in politica comunque vada».

È un endorsement senza precedenti quello ricevuto dal premier italiano nella conferenza stampa congiunta alla Casa Bianca, dopo quasi due ore di colloquio nello Studio Ovale e una accoglienza trionfale insieme alla moglie Agnese nel South Lawn, davanti ad una folla festante con le bandiere dei due Paesi. Certo, Obama è ormai a fine mandato, ma mai nessun presidente Usa si era sbilanciato così con un capo di governo italiano, sperando di poter lasciare a Hillary Clinton un testimone che Renzi ha già raccolto prenotando un incontro, oggi, con lo staff della candidata democratica.

Renzi ha sottolineato l'importanza di una vittoria del sì, che snellirebbe «la burocrazia italiana» e renderebbe l'Italia «più forte nel dibattito sull'Unione europea». Ma, nel giorno in cui da Roma è arrivata la doccia fredda di un «no» netto di Silvio Berlusconi, ha cercato anche di ridimensionare la portata del referendum: «Ho l'impressione che gli amici americani siano più interessati all'8 novembre che al 4 dicembre... e anche noi peraltro». E di sdrammatizzare un'eventuale sconfitta: «Credo che non vi saranno cataclismi in caso vinca il no, ma per non avere dubbi preferisco fare di tutto per vincere il referendum».

Quanto al suo destino politico, che sembra appeso a questo voto, «lo scopriremo solo vivendo», ha scherzato, citando Lucio Battisti.

Per il resto la visita è stata la celebrazione davanti alle telecamere di tutto il mondo di un legame indissolubile e mai così forte tra Usa e l'Italia. E di un'alleanza che vede agende e impegni condivisi, dall'Iraq alla Libia e all'Afghanistan, dal clima alla crisi dei rifugiati, fino alle politiche di crescita per le quali Renzi addita gli Usa come «un modello», in antitesi all'austerity europea.

Obama ammette che «l'Europa è una realtà più frammentata rispetto agli Stati Uniti» e che quindi è difficile trasferirvi «quanto fatto da noi». Ma dà ragione a Renzi anche su questo, alla vigilia di un vertice europeo cruciale, quando dice che l'Ue «deve trovare il modo per crescere più rapidamente» perchè «le pur ottime politiche monetarie della Banca centrale guidata da Mario Draghi non sono sufficienti». «Senza l'enfasi sulla domanda, sulla crescita, sugli investimenti che creano lavoro, la fragilità economica nella Ue tornerà ed avrà impatto sul mondo e sugli Stati Uniti», ha insistito Obama.

Renzi, da parte sua, ha ribadito che intende portare avanti la sua battaglia per cambiare l'Europa: «Noi rispettiamo le regole europee, anche se talvolta un po' a malincuore. Vorremmo regole diverse ma finché non cambiano le rispettiamo. E lavoriamo per cambiarle».

Parlando all'aperto nel giardino delle rose, i due leader hanno sottolineato anche la piena convergenza sui dossier di politica internazionale. «Le nostre agende coincidono totalmente», ha assicurato il premier, mentre Obama ha confermato la partnership fondamentale del nostro Paese nello scacchiere mediterraneo e mediorientale, anche nella lotta all'Isis. In Iraq, ad esempio, dove l'Italia ha un ruolo da protagonista nella difesa e nella ricostruzione della diga di Mosul e nell'addestramento della polizia locale. Ma anche in Libia, dove l'Italia - ha riconosciuto Obama - «sta dando un grande contributo diplomatico per sostenere il governo di unità nazionale che vuole espellere l'Isis dal Paese».

Per passare poi alla crisi dei migranti, uno dei nodi più caldi. Anche qui Renzi ha incassato un assist dal presidente americano: «L'Italia, la Grecia e la Germania non possono essere lasciate sole a sostenere il fardello dell'immigrazione. Se c'è un'Unione europea bisogna essere uniti nel bene e nel male, bisogna condividere i benefici ma anche i costi».
Pienamente d'accordo Renzi, secondo il quale «non possiamo continuare a lungo a farci carico da soli della Libia e dell'Africa: al prossimo Consiglio europeo porremo con forza la questione».

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