Le mascherine non bastano Paura nelle Case di riposo trentine dove il virus è già entrato

di Franco Gottardi

C'è grande apprensione e nervosismo all'interno delle case di riposo trentine. L'ingresso del virus in alcune strutture, sommato alla carenza di mascherine protettive, hanno scatenato la polemica, innescata da alcune dichiarazioni minacciose del sindacato autonomo Fenalt e dalla replica piccata dei dirigenti della Apsp di Pergine, la più colpita con 14 ospiti e un operatore positivi al tampone (un altro positivo è stato trovato alla casa di riposo di Gardolo).
Ieri sindacati confederali e Upipa, l'unione delle Aziende provinciali di servizi alla persona, hanno tentato di riportare la discussione su toni più costruttivi. Certo il problema dei dispositivi di sicurezza non è secondario. Ieri mattina è finalmente arrivata una partita di diecimila mascherine, consegnate dalla protezione civile a Upipa che ha iniziato a distribuirle ma solo alle strutture che devono fare i conti con alcuni casi di positività al coronavirus tra gli ospiti. Altre 20.000 ne sono state acquistate da un fornitore privato, che dovrebbe essere in grado di consegnarle entro la fine della prossima settimana. Nel frattempo si spera che la Provincia riesca ad aprire qualche altro canale per far fronte all'emergenza.
Ieri Francesca Parolari , presidente dell'Upipa, ha inviato una lettera agli operatori invitandoli a un utilizzo consapevole dei dispositivi e ribadendo come non siano necessari in condizioni di normale operatività. Anche perché se il contingente disponibile fosse distribuito a tutti, considerando che si tratta di mascherine monouso da utilizzare almeno nel numero di due al giorno per ogni operatore, nel giro di due giorni sarebbero tutte esaurite. Da qui l'invito a usarle solo da parte di coloro che hanno tosse o sintomi influenzali o che hanno a che fare con ospiti che presentano casi conclamati o sospetti di virus.
In queste condizioni di emergenza anche Cgil, Cisl e Uil, nelle persone dei segretari della Funzione pubblica Luigi Diaspro, Beppe Pallanch e Marcella Tomasi , lanciano un appello al senso di responsabilità e ribadiscono la loro vicinanza a chi lavora in prima linea e non può permettersi di "restare a casa". «Vorremmo potervi sostenere e aiutare - afferma la nota sindacale - facendo apparire magicamente dispositivi di protezione individuale per tutti. Ma sappiamo che questo non è possibile e molti di voi sono preoccupati perché a rischio ci sono anche i vostri familiari».

Molto meno conciliante l'atteggiamento della Fenalt che con il segretario provinciale, Maurizio Valentinotti rilancia la polemica che nei giorni scorsi aveva coinvolto i vertici della Apsp di Pergine, dove è concentrato il maggior numero di positivi al Covid-19, e il segretario del comparto sanità del suo sindacato Roberto Moser. Valentinotti rinfaccia ai vertici dell'azienda perginese di aver reso pubblica una nota sindacale «bighellonando su facebook» e rivendica il diritto di critica nei confronti degli amministratori. Non tanto per l'assenza delle mascherine ma per non aver saputo prevedere in tempo l'arrivo dell'emergenza preparandosi adeguatamente e mettendo in atto piani straordinari. «Gli operatori che sono nell'emergenza - afferma - non hanno avuto istruzioni per i loro comportamenti fuori dalla struttura. Vogliamo piani precisi per far fronte a queste carenze».

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