Commercio, una crisi senza fine In regione calano dello 0,8%

di Nicola Marchesoni

La crisi dei consumi non si attenua. Anzi, è sempre più preoccupante. Per diverse cause, non ultimo il boom degli acquisti online. Il segno meno è la costante: anche le famiglie delle regioni più ricche hanno stretto la cinghia.

Nell'intero panorama nazionale, solo le famiglie della Basilicata hanno visto un piccolo progresso - circa 500 euro di spesa media annuale in più - rispetto al 2011.

Le restanti 19 regioni hanno registrato cali, in 10 casi superiori ai 3.000 euro a famiglia, in termini reali. Il Trentino Alto Adige? La variazione della spesa annua delle famiglie tra 2011 e 2018 (dati in migliaia di euro, termini reali) segna meno 0,8%.

Il presidente di Confesercenti del Trentino, Renato Villotti , parla di un futuro ricco di incognite: «E-commerce, deregulation commerciale e grandi catene mettono in ginocchio i negozi di prossimità. A questo si aggiunge lo spauracchio Iva che rischia di frenare ulteriormente i consumi delle famiglie». Come se ne viene fuori? Ecco la sua ricetta: «Bisogna investire nell'occupazione, ridurre il costo del lavoro e la tassazione per le piccole medie imprese che sono l'ossatura della nostra economia».

L'anno scorso in Trentino hanno chiuso o cambiato settore 501 negozi. Le nuove aperture e gli ingressi nel comparto sono stati invece 390. Il mondo del commercio al dettaglio ha quindi perso 111 esercizi commerciali in dodici mesi, il numero più elevato dall'inizio della crisi dieci anni fa. I punti vendita al dettaglio sono oggi 5.528, sotto di 300 unità rispetto agli oltre 5.800 esistenti prima della recessione. In dieci anni ha chiuso un negozio ogni venti.

Spariscono soprattutto macellerie, negozi di tessuti, ferramenta, mobili e casalinghi, fiori e piante. Ballano invece i supermercati. Dopo l'incremento del 2017, l'anno scorso c'è stata una contrazione nei punti vendita della grande distribuzione e nei minimarket dei paesi, mentre partono nuove aperture di discount in tutto il territorio provinciale.

Secondo l'Osservatorio nazionale del commercio del ministero dello Sviluppo economico, che ha aggiornato i dati al 31 dicembre 2018, in Italia prosegue la contrazione generale degli esercizi del commercio al dettaglio, che diminuiscono dell'1% passando da 742.881 nel 2017 a 735.528 nel 2018. A Bolzano la riduzione è marginale: si passa da 4.700 a 4.690 negozi con un calo dello 0,2%.

A Trento invece si scende da 5.639 a 5.528 esercizi, con una contrazione del 2%, doppia di quella nazionale. Nel 2017 la riduzione dei negozi era stata dell'1,5%, nel 2016 dello 0,8%, nel 2015 gli esercizi commerciali erano in leggero incremento. Rispetto all'inizio della crisi, nel 2008, il calo trentino è del 5%.

La diminuzione dell'anno scorso è frutto di 403 cessazioni di imprese o di unità locali commerciali, a fronte di 346 nuove iscrizioni in Camera di commercio, con un saldo negativo di 57 unità.
Perdono colpi sia le aziende che hanno sede qui, con 39 chiusure, sia le unità locali di grandi catene, con 18 stop. Per quanto riguarda invece le variazioni, cessano dal commercio 98 esercizi mentre ne entrano 44. Da qui il calo netto totale di 111 negozi. La partita più movimentata è quella degli esercizi non specializzati, in primo luogo i supermercati. Il complesso di questi negozi scende dai 1.001 del 2017 a 990. Gli ipermercati sono sempre 6.

I supermercati calano da 190 a 185, i minimarket da 565 a 555, mentre i discount triplicano da 1 a 3. I problemi cominciano tra gli esercizi specializzati nell'alimentare, che scendono da 928 a 920. Se c'è invece una categoria che cresce è quella che riguarda la salute: le farmacie salgono da 106 a 111, le parafarmacie da 23 a 26.

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