Famiglie e imprese, i debiti non pagati diminuiscono di 500 milioni

di Francesco Terreri

I debiti non pagati da famiglie e imprese trentine diminuiscono bruscamente, ma solo nei bilanci delle banche. A fine 2017 le sofferenze bancarie in Trentino sono pari a 1 miliardo 653 milioni di euro, mezzo miliardo in meno di un anno prima con una contrazione del 23,5%. Le famiglie in difficoltà sono 3.377, quasi 400 in meno del 2016, per un valore di debiti in sofferenza sceso del 16,3% a 236 milioni.

Le imprese nei guai diminuiscono di 380 unità: alla fine dell’anno scorso sono 2.301 per un valore delle sofferenze pari a 1,4 miliardi, il 24,4% in meno di un anno prima. Le buone notizie però finiscono qui. Perché il grosso dei debiti malati spariti dai bilanci bancari non sono stati recuperati, sono stati venduti a fondi speculativi e operatori professionali di recupero crediti che ora sono i nuovi e spesso aggressivi creditori delle persone e delle aziende indebitate.

Hanno ceduto crediti deteriorati, con l’obiettivo di ripulire i bilanci e rispettare le prescrizioni della Vigilanza, un po’ tutte le banche. Ci sono debiti trentini nelle maxi cessioni miliardarie di Unicredit o di Intesa Sanpaolo. Ma hanno venduto sofferenze anche la Cassa di Risparmio di Bolzano, la Banca Popolare-Volksbank, le Casse rurali. In particolare, lo scorso dicembre Cassa Centrale ha concluso una doppia operazione di cessione di sofferenze di 32 banche cooperative e popolari, tra cui Casse rurali e Volksbank, per un totale di 885 milioni. Di essi, 300 milioni sono debiti «trentini».

Alla fine del terzo trimestre 2017 le sofferenze bancarie trentine erano pari a poco più di 2 miliardi. Alla fine del quarto trimestre, come detto, sono scese a 1,6 miliardi. Gran parte dei 385 milioni di riduzione dell’ultimo scorcio dell’anno è dovuto all’operazione di cessione, anche se rimane una quota di miglioramento della qualità del credito prodotta dalla ripresa economica.

Nel caso delle famiglie, il calo trimestrale dei prestiti e mutui non pagati è pari a 31 milioni, con 279 nuclei familiari in meno tra quelli classificati in sofferenza. Ma gran parte dei prestiti malati ceduti dalle banche fanno capo alle imprese, che nell’ultimo trimestre hanno visto le loro sofferenze in banca scendere di 314 milioni, con 187 aziende in meno tra quelle insolventi. Le imprese industriali uscite dai conti bancari sono 21 per 33 milioni. Restano in sofferenza 207 aziende per 199 milioni. Le imprese del terziario e dei servizi uscite sono 103 per 82 milioni, lasciando in capo alle banche 855 aziende in difficoltà per 539 milioni di debiti.

Ben più consistenti le cifre dell’edilizia, che fa la parte del leone nella vendita di crediti malati fatta a fine anno. Nel mattone in un solo trimestre scendono nei bilanci delle banche e salgono in quelli dei fondi speculativi 200 milioni di debiti malati di 62 imprese, con i relativi immobili ipotecati. Restano nelle banche 548 milioni di sofferenze edili di 470 aziende.

Per quanto riguarda infine le famiglie produttrici, cioè le aziende familiari e le microimprese, le sofferenze scendono a 117 milioni, con 33 milioni in meno nell’ultimo trimestre del 2017, e le imprese nei guai passano da 867 a 757, registrando un calo di 110 unità. Anche in questo caso una parte degli artigiani ha ripreso fiato ma il grosso ha solo cambiato creditore.

I fondi speculativi acquistano sofferenze bancarie ad una frazione del loro valore, in genere meno del 20 o anche del 10%, anche se Cassa Centrale a dicembre è riuscita a spuntare quasi il 30%, e poi guadagnano recuperando più della cifra pagata. Da qui l’incarico a società specializzate di recuperare quanto più è possibile. Le «sofferenze» sono finite per le banche ma non per le famiglie e le imprese in difficoltà.

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