La povertà dei Paesi africani, dovuta alla negazione dei diritti e delle libertà

Non c’è dubbio, William Easterly è un grande presentatore. Economista statunitense, insegna alla New York University, e ha alle spalle una carriera come ricercatore alla Banca Mondiale, durata 16 anni. Inizia il suo discorso sulla “Tirannia degli Esperti” nei paesi sottosviluppati, introdotto da Federico Fubini, descrivendo in maniera quasi cinematografica un’espropriazione di terreni agricoli avvenuta in Uganda nel 2010. La motivazione risiede in un progetto di sviluppo locale promosso dall’occidente con l’appoggio dell’attuale presidente ugandese, Yoweri Museveni. In seguito, Easterly mostra come i numerosi programmi di aiuti allo sviluppo, promossi in particolare da Stati Uniti e Inghilterra sin dai primi anni ‘50 con il fondamentale ausilio di istituzioni come la Banca Mondiale, non siano altro che la naturale continuazione di politiche di stampo marcatamente coloniale.

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Per circa cinque secoli l’Inghilterra, potenza coloniale per eccellenza, ha estratto preziose risorse economiche dai paesi sottosviluppati, in particolare dal continente africano. Le popolazioni locali sono state private di qualsiasi diritto, soggette al sistema coloniale dell’indirect rule, ossia al governo dittatoriale da parte di élites locali, sotto il controllo indiretto dell’amministrazione britannica. A partire dal secondo dopoguerra, con la fine del periodo coloniale e la progressiva conquista dell’indipendenza del continente africano, per arrivare sino ai giorni nostri, tutte le grandi democrazie occidentali hanno in molti casi appoggiato regimi dittatoriali, in quanto capaci di mantenere un certo grado di stabilità in contesti spesso estremamente fragili dal punto di vista politico.

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Parallelamente, l’occidente ha implementato una serie di misure di carattere economico, infrastrutturale, ambientale e sanitario, che avrebbero dovuto generare sviluppo economico-sociale in quegli stessi paesi. Tali misure erano approvate da una folta schiera di economisti, i quali, basandosi su ricerche e osservazioni scientifiche, sostenevano che l’intervento mirato su determinate variabili potesse innescare un benefico meccanismo di crescita. Easterly definisce tale processo “approccio tecnocratico allo sviluppo”. Esso trascura del tutto le radici politiche della povertà dei paesi africani, dovuta principalmente alla totale negazione dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, unici veri motori dello sviluppo economico. 

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Troppi interrogativi rimangono tuttavia aperti alla fine della presentazione. Invece di dedicare tanto tempo ad approfondire le radici storiche del fenomeno della “Tirannia degli Esperti”, forse sarebbe stato opportuno descrivere più nel dettaglio i processi economico-politici attraverso i quali i paesi sviluppati continuano a estrarre risorse e ricchezze dal continente africano. Inoltre, Easterly sembra riporre eccessiva fiducia nell’iniziativa individuale come motore dello sviluppo economico, laddove almeno due elementi, nella riflessione economica contemporanea, dovrebbero portarci in una direzione diversa. Primo, l’altissimo tasso di crescita cinese appare perfettamente compatibile con un pervasivo interventismo statale in campo economico. Secondo, il recente saggio di Mariana Mazzuccato (Lo stato innovatore, Laterza 2014) ci mostra chiaramente come tutte le grandi innovazioni che hanno dato slancio all’economia mondiale negli ultimi anni siano frutto di oculati e consistenti piani di investimento statale, non certo di iniziative private.

di Lorenzo Livraghi

Studente universitario che partecipa all'iniziativa Adige/Vodafone

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