Alpinismo / Il caso

Il rifugio Damiano Chiesa all’Altissimo alla Sat centrale, la sezione di Mori protesta

Il nuovo regolamento propone alle sezioni che hanno una struttura nuove regole: chi non accetta, viene «espropriato». Mattia Bertolini: «Lo abbiamo costruito noi, ci cadono le braccia»

di Nicola Guarnieri

MORI. Il rifugio Damiano Chiesa sull’Altissimo - meta gettonatissima dei camminatori non solo lagarini, forse uno dei presidi alpini più graditi dai gitanti - non è più della Sat di Mori: l’associazione degli alpinisti trentini - stiamo parlando di sede centrale - ha infatti deciso di riprenderlo con sé, ovviamente incassando i proventi degli avventori e, chiaro, accollandosi le spese di manutenzione annuali. Ai tantissimi astanti, forse, interesserà poco chi è il «capo» ma per i 750 soci della sezione moriana della Sat è un colpo al cuore. Perché il rifugio più frequentato del Baldo, costruito a 2.060 metri nel 1892, dal 1962 è in mano alla Sat di Mori che se ne occupa con passione e tenerezza.

La Sat centrale di Trento, però, ha deciso ora di tenerlo per sé, così come gli altri 35 rifugi che erano, da decenni, nella disponibilità di otto sezioni territoriali. Mattia Bertolini, il presidente della borgata, allarga le braccia: «Per anni ci abbiamo messo impegno e tempo libero. Poi, da Trento, ci hanno proposto alternative non accettabili perché oggettivamente non sostenibili. Perché la sede centrale di via Manci nel capoluogo provinciale, ad un certo punto, ha deciso di affidare i rifugi in comodato ma i costi da sostenere sono troppi. Noi, come volontari, da decenni ci prendiamo cura del rifugio Chiesa accollando i lavori di manutenzione che, costi del materiale a parte, abbiamo sempre seguito senza chiedere un euro».

Ad un certo punto, però, la Sat ha cambiato il regolamento e, come detto, ha proposto alle varie sezioni di accettare un comodato d’uso oppure «restituire» il manufatto alla casa madre. «Per fare questo ci hanno messo in conto anche i soldi già spesi, in pratica addebitandoceli due volte. Così non va bene. La gestione da parte delle sezioni ha portato, negli anni, ad avere cura, dedizione, costanza e attaccamento verso i rifugi sviluppando un’attitudine positiva e coinvolgente volta al miglioramento continuo ed al mantenimento dei preziosi presidi della montagna. Riteniamo che la scelta imposta di una gestione imprenditoriale, dove conta solo il bilancio economico, fa venir meno questi presupposti inducendo al disinteresse».

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