Davide: 19 anni, alleva grilli per farne un business e per la fame nel mondo

Gli parli, e sulle prime viene spontaneo banalizzare e chiedergli quanti grilli abbia per la testa. Fatto è che Davide Menguzzato con i grilli fa sul serio. Al punto che il suo progetto imprenditoriale, business plan da 2 milioni di euro, è stato selezionato tra i dieci migliori e più innovativi in Italia, che saranno messi in gara e premiati sabato a Palazzo Vecchio, a Firenze, al primo Festival nazionale dell’economia civile.

Ci vuole una grinta enorme e una grande immaginazione, per voler cambiare il mondo partendo da un’idea di business sociale. Forse la creatività, Davide, che vive a Trento, ha 19 anni appena ed è iscritto al Dipartimento di economia di UniTn, l’ha ereditata dal padre artista, Lome, Lorenzo Menguzzato. Vale anche per Davide la metafora del visionario e dei miraggi che non esistono ma mettono in moto le carovane. Ma la concretezza del progetto è tale che ha passato la selezione per essere presentato a Firenze.

Come è iniziata l’avventura, Davide?
«Ho passato il quarto anno del liceo delle scienze umane a Rondine cittadella della pace, vicino ad Arezzo, a contatto con giovani israeliani, palestinesi, armeni, dell’Azerbaigian... Lì è nata la passione per le relazioni internazionali e l’imprenditoria sociale».

E l’idea dell’impresa con i grilli da dove viene?
«Prima della quinta ho fatto un mese di volontariato in India, a Calcutta, dove ho scoperto che i grilli e le cavallette si possono mangiare. Li ho assaggiati per la prima volta: sono veramente buoni. Due miliardi di persone hanno nella loro dieta gli insetti. Il progetto imprenditoriale è concepito assieme a Ulviya Afet, giovane azerbaigiana che studia a Milano, conosciuta a Rondine».

Cosa dirai a Firenze, per presentare il progetto?
«Che le questioni legate al clima, al riscaldamento globale, alla povertà e alla fame si fanno sempre più strette. Che la terra è avvelenata e gli uomini da sfamare sono sempre di più mentre sempre più cibo viene sprecato. Nel 2050 saremo 9 miliardi. Oggi il 70% delle terre emerse è destinato ad uso agricolo, ma nel 2050, per sfamare tutti, ne dovremo occupare il doppio: impossibile!».

E qui entrano in gioco i grilli...
«In questa scatola (che si è portato appresso, ndr) ce ne sono 200, ma fra quattro settimane saranno 5 mila, fra un anno un milione... Sono facili da allevare, non occupano spazio, non consumano molta energia e sono sostenibili al 100% perché possiamo alimentarli con il cibo che scartiamo dalle nostre tavole. E la carne di grillo, come quella delle camole della farina, è nutriente quanto il filetto di manzo di prima qualità o il pesce. Ma presenta molti vantaggi».

Quali?
«Contiene anche fibre e vitamine. Ma la cosa interessante è che, per produrre un kg di carne di grillo ci vuole meno di un litro di acqua e meno di un kg di mangime, per produrre invece un kg di carne di manzo servono 15 mila litri di acqua e 9 kg di mangime. Gli insetti sono gustosi, sani, nutrienti, sostenibili. Una possibilità imprenditoriale straordinaria: ci sono decine di formaggi italiani che contengono insetti e sono delle prelibatezze!».

Come si chiamerà l’azienda?
«Cocoon, bozzolo, una impresa sociale che farà profitti non per distribuirli ai soci, ma per produrre benessere per la società e l’ambiente».

In Italia sono già sorte piccole aziende per la produzione di insetti...
«Sì, ma questo è un progetto industriale pensato per rivoluzionare il modo in cui concepiamo l’alimentazione».

Come si svilupperà?
«In due fasi. Nella prima, con 60 mila euro, pensiamo di acquistare le tecnologie (ventilatori, essicatori, macina industriale...) per produrre 10 kg di carne di grillo e camole della farina ogni giorno, in un capannone da prendere in affitto: stiamo valutando, fra Trentino, Veneto e Lombardia, la collocazione migliore. La previsione è di ammortizzare l’investimento in un anno».

Addirittura!
«Oggi il prezzo della carne di grillo è di 100 euro al kg. Con 10 kg al giorno, tolti i costi fissi, resta un margine alto, pur con l’obiettivo di abbassare il prezzo fornendo un prodotto di qualità. L’obiettivo è partire entro l’anno».

E la seconda fase?

«È quella per la quale stiamo definendo un business plan con il supporto di Grameen Bank Italia, nata ispirandosi a Muhammad Yunus, l’economista del Bangladesh (conosciuto in tutto il mondo come il “banchiere dei poveri”, ndr), che prevede un investimento di 2 milioni di euro. L’ipotesi è ristrutturare un casolare abbandonato in Val d’Orcia. Dovrà essere un impianto innovativo, alimentato da energia rinnovabile, guidato dall’intelligenza artificiale e dalla tecnologia blockchain per renderlo sicuro e produttivo».

Chi vi aiuta?
«Ho costruito un network che coinvolge università, centri di ricerca, entomologi, ingegneri e consulenti legali, altre aziende che producono insetti. Le assicuro: mettere su un’impresa è un’impresa! La prima produzione sarà ad uso animale, nel frattempo si aprirà il mercato per l’uso alimentare umano, come deciso dall’Unione europea. Le barrette di grillo saranno un’alternativa valida, nutriente, naturale e biologica per gli sportivi».

I tuoi genitori come l’hanno presa?
«Scettici, all’inizio. Mia madre si disperava a vedere grilli che saltavano per casa... Poi hanno cominciato a crederci anche loro. Una volta che il primo impianto sarà avviato, utilizzeremo tecnologie e competenze per copiare e adattare il sistema partendo da un paese del sud del mondo: Kenya, Bangladesh e India sono tra i candidati. Vogliamo diventi un’opportunità imprenditoriale per le persone più svantaggiate e povere».

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