La «Viticoltura 4.0» al palo Né firma, né presentazione

di Domenico Sartori

Era la location ideale, individuata da tempo. La firma e la presentazione dell'accordo per il progetto «Viticoltura 4.0» era in calendario mercoledì 12 aprile, al Vinitaly. Quale occasione migliore del grande evento internazionale, per illustrare i contenuti di un progetto orientato alla viticoltura del futuro, che dovrà essere sempre più sostenibile? Invece, nulla: né firma, né presentazione.

Cos'è successo? «Niente di grave, sono state messe in giro notizie infondate» risponde Sergio Menapace , direttore della Fondazione E. Mach (Fem) di San Michele all'Adige, coinvolta nel progetto «uno dei partner non aveva ancora completato l'iter autorizzativo nei propri organi, ed il preavviso è arrivato all'ultimo momento. Il progetto rimane in piedi. Troveremo un altro momento per la firma. Noi eravamo e siamo pronti».

A tirare le fila di «Viticoltura 4.0» è il professor Vasco Boatto , docente all'Università di Padova e direttore del Centro interdisciplinare per la ricerca in viticoltura ed enologia. Gli altri soggetti coinvolti sono, oltre alla Fem e all'Università di Padova, la Libera università di Bolzano, il Crea (Centro di ricerca per la viticoltura) di Conegliano, ente guidato da un commissario straordinario, Salvatore Parlato , nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, l'Università di Udine, l'Istituto di genomica applicata di Udine, e l'Università di Verona.

Ed è qui, a quanto pare, che qualcosa non ha funzionato nella comunicazione tra il Dipartimento biotecnologie e il rettore. Perché è l'ateneo veronese che, alla fine, ha fatto mancare la sua firma. Il progetto «Viticoltura 4.0» ha una valenza decennale. Nella schema di accordo approvato dal consiglio di amministrazione della Fem, non si indicano cifre.

Ma è del tutto evidente che il progetto guarda con attenzione, sul piano delle risorse, alla possibilità di intercettare parte dei 21 milioni che il ministro Maurizio Martina , contrario agli Ogm, ha messo a disposizione nel gennaio 2016 per finanziare la ricerca di materia di biotecnologie sostenibili.

Come anticipato da l'Adige (26 marzo 2017), gli obiettivi di breve, medio e lungo periodo di «Viticoltura 4.0» sono ambiziosi: costituire nuove varietà rendendole resistenti alle malattie attraverso incroci e selezioni; modificare varietà preesistenti per renderle più resistenti e tolleranti alle malattie; studiare l'impatto di nuove varietà sull'ambiente; valutare le modificazioni nel suolo e nell'atmosfera del prodotto; studiare e sperimentare l'applicazione di alcune tecniche agronomiche sulle varietà resistenti, come la defogliazione precoce, il deficit idrico controllato, nuove forme di allevamento, l'epoca del raccolto. Un peso rilevante, nel progetto, avrebbe quello delle tecniche alternative al breeding (allevamento) tradizionale, attraverso e incroci e selezione di nuove varietà.

Tecniche, come la cisgenesi e il genome editing, che la Fondazione Mach studia da anni, ma che sono ancora nel limbo dell'incertezza normativa: la direttiva UE del 2001 non le contempla, e quindi non è per legge chiaro se il genome editing (che non modica il Dna di una pianta introducendo un nuovo gene) sia o non sia una tecnica Ogm, vietata. Il valore di «Viticoltura 4.0», per ora fermo al palo, consiste anche nella collaborazione, non scontata, tra enti che mantengono una (comprensibile) gelosia sulla ricerca «fatta» in casa. Interpellata sulle ragioni dello stop, l'assessora provinciale alla ricerca, Sara Ferrari , si limita a dire: «Non ne so nulla, anche perché nessuno mi ha illustrato tale progetto».

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