«Prima il terrore con l'orso che mi rincorreva Poi la gogna sui social network: non capisco»

Il 29 maggio scorso Marco Zadra, 42enne di Villazzano, ha avuto un drammatico incontro ravvicinato con l’orso, sul sentiero che da Zambana Vecchia sale al Cason, verso Fai della Paganella: in questa intervista spiega all'Adige.it alcuni dettagli della vicenda.

di Laura Zanetti

Il 29 maggio scorso Marco Zadra, 42enne di Villazzano, ha avuto un drammatico incontro ravvicinato con l’orso, sul sentiero che da Zambana Vecchia sale al Cason, verso Fai della Paganella: in questa intervista spiega all'Adige.it alcuni dettagli della vicenda.

Zadra, lei è la prima persona, quest’anno, a subire un’aggressione da parte di uno dei sempre più numerosi orsi presenti sul territorio trentino, dopo l’avvio del decennale  progetto Life Ursus. Ci vuol raccontare nei dettagli cosa successe la sera del 29 maggio scorso?

«Tendenzialmente sono uno sportivo. Finito il mio lavoro spesso vado a correre nei boschi che attorniano Trento. Quest’anno era la prima volta che andavo in val Manara, sopra Zambana. Parto quindi con la macchina attorno alle 19.30, lascio l’utilitaria a Zambana Vecchia e inizio a camminare per un sentiero piuttosto ripido. Nel ridiscendere, superato il Cason, una struttura usata dai zambanoti per uso ricreativo, a solo un chilometro dall’abitato e a circa 500 metri di quota, me lo sono trovato di fronte. Erano circa le 20 e 15: io scendevo di corsa, lui ansimando stava salendo. Un attimo e ci siamo trovati uno di fronte all’altro.

La prima cosa è stato lo stupore, poi razionalizzando sono riuscito a diventare freddo come un ghiacciolo. Era una situazione di stallo. L’orso era piuttosto agitato, ma non è scappato;  io ho iniziato ad indietreggiare piano piano, mentre l’animale, prendendo coraggio, è partito alla carica. Consideri che ha una testa grande quanto un televisore e due zampe enormi.

Ho iniziato a correre, scivolando e cadendo sulla ghiaia, con lui dietro. In quel momento mi sono visto morto, preso alle giugulari e sbranato. Nonostante il terrore, che lo ricordo come un sentimento lucidissimo, mi rialzo rivolto verso l’orso, ormai accanto a me: cerco di spaventarlo urlando, riparandomi il viso con le braccia. A questo punto, dopo avere  ricevuto una zampata sull’ avambraccio destro, mi sono letteralmente buttato a capofitto nella scarpata procurandomi una semilussazione alla spalla sinistra, ematomi ed escoriazioni ovunque.  Credo di essermi salvato perché mi sono sempre divertito a percorrere i “giaroni” a balzi. Nel frattempo l’orso mi  ha inseguito per altri duecento metri grugnendo e ansimando giù per la scarpata. Sentivo proprio il suo fiato sul collo. Per frenare la discesa mi afferravo a tutto ciò che poteva salvarmi, esattamente come Tarzan.

Il terrore non era finito perché temevo che mi prendesse di schiena, squarciandomela in due. Finito al limitare di una forra ho preso tutto il coraggio che avevo in corpo e ho dato contro all’orso, urlandogli tutta la mia contrarietà ad essere inseguito ed ho pensato ”mia figlia non può perdere suo padre in questo modo assurdo, no, no di sicuro”. L’orso mi ha osservato, quasi fossi un matto, poi ha deviato continuando a non perdermi di vista. Mi sono comunque buttato nella forra, rischiando di ammazzarmi.

Anche qui mi è andata di lusso. Intanto il sangue  colava dalla ferita. Ho attraversato il torrentello superando la forra muschiosa e friabile, interponendo una valle fra me e l’ orso, dirigendomi verso Zambana Vecchia. Avevo i polmoni in gola e l’adrenalina a litri. Arrivo alla confluenza della val Manara sopra la chiesa di Zambana Vecchia, con ancora la paura di rincontrarlo. Ho raccolto così due sassoni, facendo questo ultimo pezzo di bosco labirintico, guardingo ed utilizzando le ultime energie. Come sono arrivato sul prato della chiesa, ho realizzato che potevo considerarmi salvo e soprattutto miracolato».

Lei è stato medicato al pronto soccorso dell’ospedale civile di Trento? È stata effettuata la sieroprofilassi antitetano?

«Sì, è stata fatta iniezione antitetanica e la ferita è stata suturata con cinque punti interni e otto graffette metalliche esterne. Nei giorni successivi sono dovuto tornare al Pronto Soccorso perché la ferita si era infettata e suppurava. È stata così aperta e drenata, con un dolore che non le dico. E mi hanno prescritto un ulteriore antibiotico».

I giornali parlavano di una visita dell’assessore all’agricoltura nei giorni seguenti all’aggressione.

«Sì, l’assessore Dallapiccola è venuto a casa mia insieme ai signori Antolini e a Groff. Sembrava realmente turbato, dispiaciuto, quasi affranto, nascondendosi il volto tra le mani nel sentire il mio racconto così emotivo, a dieci ore o poco più dall'aggressione. Io ho richiesto, se possibile, l’anonimato per non subire l'inevitabile e schizofrenico attacco mediatico, memore del caso Maturi (che dopo aver combattuto corpo a corpo con un'orsa si è dovuto pure difendere da accuse infamanti da parte degli uomini… robe da pazzi).

L'assessore si è pure complimentato con me e la mia famiglia per la cortesia e la disponibilità a confrontarsi serenamente, "non come nell'altro caso dell'anno scorso, nel quale due ore dopo l'attacco si era già predisposta una conferenza stampa con la Lega".

Dovrei andare a rivedermi la cronologia dei fatti, ma dubito che la vittima due ore dopo l'aggressione pensasse a tessere rapporti elettorali. Sicuramente, dopo aver ringraziato tutto e tutti di essere ancora vivo, avrà avuto una gran rabbia per aver rischiato di perdere la vita per colpa di un progetto del tutto assurdo e anacronistico, lontano da ogni logica degna di tale nome, imposto da chissà chi e avallato da chissà chi altri! E si è affidato a chi cavalca le emozioni della gente come cavallo di battaglia. La cosa triste e al tempo stesso banale, è che tutto, anche la questione orso e l'incolumità e libertà della gente, sembra ridursi ad una questione meramente politica».

La Provincia aveva emesso un comunicato stampa sull'episodio. Nei suoi confronti si è scatenata un’aggressione verbale in Internet.

«Io avevo semplicemente richiesto l'anonimato e sul comunicato della Provincia effettivamente non compare il mio nome. Poi però, sui media, il nome è uscito. Non che temessi particolarmente l'imbecillità della gente e i loro commenti, che sia chiaro, ma un po' di privacy, tanto declamata e mai rispettata in questo paese, me l'aspettavo in un momento così drammatico, per me e per la mia famiglia. Penso ci sia stata pure qualche minaccia di morte sul Web, oltre agli insulti ai genitori. Sì, è stato anche quel  comunicato stampa della Provincia (nr. 1290 del 30/05) non veritiero, pieno di omissioni, allusioni e imprecisioni, a scatenare la solita aggressività mediatica. E qui ci vorrebbe un trattato di antroposociologia per capire questi fenomeni di aggressione da parte dei social ad una preda prescelta. E se qualcuno mi potesse spiegare come sia possibile che ciò accada impunemente, gliene sarei grato».

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