Lettere / Il direttore risponde

Oggi voglio parlare di Thomas Sankara

Un lettore ricorda la rivoluzione e la tragica fine dell'uomo per per 4 anni governò in Burkina Faso. La risposta del direttore dell'Adige, Alberto Faustini

Caro Alberto, questa volta desidero raccontare di un personaggio sconosciuto ai più e anche a me fino a poco tempo fa, finché ho letto la sua breve storia che mi ha colpito.

Storia che, come quasi sempre accade in Africa, termina tragicamente, e per questo si rafforza la mia convinzione che purtroppo questo continente rimarrà sempre povero, ignorante, sfruttato e soggiogato agli interessi di svariate potenze mondiali. Dunque ecco il breve racconto di un "rivoluzionario", che come quasi sempre, in Africa, inizia con un colpo di stato.

Thomas Sankara prese il potere nel 1983 dell'allora Alto Volta, che lui tramutò nell'attuale Burkina Faso. Il solito, dunque, sembrerebbe, dittatore africano al soldo di qualche potenza straniera che affama il proprio popolo per il suo ego di potere e arricchimento? No, ed è proprio questa l'assoluta differenza ed eccezionalità del personaggio con la storia politica ultra decennale del continente africano.

 Dopo aver cambiato quindi il nome, la bandiera e l'inno del piccolo Stato africano, uno dei più piccoli e più poveri in assoluto, senza alcuno sbocco sul mare, Sankara, un personaggio unico negli standard africani, cambia radicalmente il volto e la vita quotidiana del suo popolo, nei soli quattro anni di governo, con una lungimiranza e una visione del futuro straordinari, da far invidia anche a noi occidentali.

Fa costruire pozzi, scuole, centri per la maternità, ospedali, farmacie, senza pesare sugli aiuti internazionali che lui considerava "colonialisti". Invitò a consumare solo i prodotti locali, costruì ferrovie, formò insegnanti per abbattere il tasso altissimo di analfabetismo, oltre il 98%.

Fece coltivare milioni di piante per combattere la desertificazione, iniziò una massiccia campagna di vaccinazione (che non rifiutavano come nel nostro mondo occidentale) contro il morbillo, meningite e diverse malattie, arrivando ad un milione di bambini vaccinati alla settimana con i loro scarsi mezzi.

Promise e mantenne la promessa di due pasti e dieci litri di acqua al giorno per tutti i "burkinabè".

Fece un discorso che rimase storico alle Nazioni Unite nel 1985, nel quale, furente, condannò il neocolonialismo e quel discorso fu cancellato, per questo motivo, dagli archivi dell'organizzazione mondiale.

La storia termina tragicamente, e Thomas Sankara viene trucidato il 15 ottobre 1987, insieme a 12 dei suoi stretti collaboratori durante una riunione governativa, dal suo "amico-alleato" Compaorè che lo tradì per la propria sete di potere (secondo i canoni normali) e lo sostituì fino al 2014 quando dovette rifugiarsi in Costa d'Avorio.

Ancora adesso si indaga sulle molte ombre della sua fine, ma già si è accertato che dietro quell'assassinio c'era una rete internazionale partita da oltreoceano, come spesso nella storia africana e non solo, con il ruolo degli Stati Uniti e della Cia, della Liberia e del suo signore della guerra Charles Taylor, della Costa d'Avorio e della Francia con i suoi cosiddetti "Monsieur Afrique".

Nel Burkina Faso, attualmente, ci sono diversi cartelli e ritratti stradali inneggianti a lui, nei quali Sankara è affiancato nel ricordo a Che Guevara, ucciso proprio nell'ottobre di vent'anni prima, e considerato un rivoluzionario come lui.

A prescindere da questo e dalle convinzioni politiche e storiche, la fine quasi scontata riservata a quest'uomo che voleva la libertà e il benessere dei suoi "burkinabè", mi porta alla convinzione, come accennato all'inizio, che in Africa nulla cambierà se non si educheranno ed aiuteranno a crescere questi "rari" uomini lungimiranti, che sognano e lottano per un'Africa finalmente libera dallo sfruttamento ed indipendente. Adesso è sotto scacco dei jihadisti...

Alberto Penazzi


A troppi questi rivoluzionari fanno paura

Mi parlarono di lui mentre ero in Africa per lavoro. Chi me ne parlava, lo chiamava - in quegli anni (non lontani dalla sua ascesa e dal suo assassinio) il Che Guevara d'Africa, l'uomo che cercava di cambiare quel Paese e che per questo venne ucciso.

Del resto, Thomas Sankara - di cui anch'io, confesso, non sapevo nulla a suo tempo - era a sua volta un rivoluzionario in divisa, con idee meno dirompenti, ma certo più illuminate e illuminanti (anche sui vaccini, ad esempio).

Mi parlarono anche di un complotto internazionale (con l'immancabile ruolo della Cia) dietro la sua morte, perché quel che si pensava e si pensa in Africa è che a troppi faccia comodo un Paese nelle mani di dittatori, spezzettato, pieno di strani e non meglio definiti agganci "esterni".

Hai fatto bene a ricordare i suoi progetti, i suoi sogni, le sue utopie possibili.

L'Africa ha bisogno di uomini come lui. Ma a troppi questi rivoluzionari fanno paura.

 

lettere@ladige.it

 

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