Economia / La protesta

Sciopero nel commercio e turismo, la Cgil: "Vergogna i salari bloccati da anni"

Venerdì 22 dicembre l'astensione dal lavoro del comparto, dai camerieri ai commessi: «con l’inflazione al 10% sono saliti i prezzi, ma non le retribuzioni»

L'AZIONE Rinnovo del contratto, sciopero dei lavoratori del turismo
VIDEO Lo sciopero di Natale, il 22 fermi commercio e turismo

TRENTO. La Fiom Cgil del Trentino ha espresso la propria solidarietà ai lavoratori del terziario e del turismo che domani, 22 dicembre, sciopereranno in tutta Italia per il mancato rinnovo dei contratti nazionali, scaduti da oltre cinque anni.

"È semplicemente vergognoso che le retribuzioni dei lavoratori vengano tenute bloccate per anni, a fronte di profitti crescenti dei datori di lavoro e di una inflazione che nel frattempo ha eroso oltre un quinto dei redditi delle famiglie. Nell'arco di trent'anni si è passati dalle retribuzioni adeguate all'inflazione con cadenza trimestrale, come prevedeva la vecchia Scala mobile, all'adeguamento dei salari all'inflazione ogni due anni coi contratti nazionali, come deciso dagli accordi sulla contrattazione del 1993, poi al recupero solo parziale dell'inflazione ogni tre anni, come deciso con gli accordi fatti senza la Cgil nel 2009 e infine alla situazione odierna, dove è saltata qualsivoglia regola e i contratti non si rinnovano nemmeno più, o si applicano contratti pirata", ha scritto il sindacato in una nota. Nei giorni scorsi anche la Fp Cgil del Trentino ha espresso la propria solidarietà ai lavoratori.

Sono dodici i contratti da rinnovare nei tre settori coinvolti dallo sciopero (commercio, turismo, ristorazione), per lo più scaduti dal 2018, con diverse controparti tra cui Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Distribuzione cooperativa, Confindustria.

"È come se stessero facendo cartello", accusano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs spiegando che "non vogliono applicare un indice a cui si fa riferimento quando si parla di rinnovi". Quell'indice è l'Ipca e porterebbe a un giusto aumento di trecento euro, cifra per nulla esosa, secondo i sindacati, se si pensa a quanto salario hanno perso i lavoratori con l'inflazione.

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