Credito / L’analisi

Risparmio e incertezze sul futuro: aumentano i depositi nelle banche trentine, meno impieghi nelle aziende

In crescita le somem di denaro lasciate ferme in particolare sui conti correnti. I prestiti erogati in provincia hanno raggiunto i 19,3 miliardi di euro

TRENTO. Salgono leggermente gli impieghi, a causa soprattutto del calo della domanda da parte delle aziende, ma salgono soprattutto i depositi bancari, specie quelli piazzati sui conti correnti. È questo il riassunto dei dati elaborati negli ultimi giorni dall'Ispat, l'Istituto di statistica della Provincia, che ha analizzato i valori della Banca d'Italia tra il 2016 e il 2020.

La situazione, come ovvio in tempi di crisi prima e di pandemia poi, delinea una situazione improntata alla prudenza da parte delle aziende e delle famiglie. In questo senso, i valori più significativi sono quelli relativi ai depositi sui conti correnti che dal 2016 al 2020 sono saliti da 10,9 a 15,4 miliardi, con un balzo di quasi 2,1 miliardi solo tra il 2019 e il 2020.

La lettura appare semplice: vista l'incertezza, i trentini tengono bloccati i loro risparmi sul conto, contando sul fatto che almeno non ci saranno perdite. La tendenza non fa differenza tra le banche locali, che rappresentano comunque i due terzi della raccolta, e quelle con sede al di fuori della regione. Andando invece ad analizzare gli impieghi, gli spunti sono diversi e spesso non accomunano le scelte delle famiglie con quelle delle imprese. Va detto innanzitutto che nei quattro anni considerati i prestiti a carico dei trentini sono saliti da 19 a 19,3 miliardi, grazie soprattutto al gradino tra il 2019 e il 2020, da 18,7 a 19,3 miliardi.

Significativo però è il dato che riguarda le imprese e che nel quadriennio considerato, nonostante una risalita tra il 2018 e il 2020, vedono calare gli impieghi da 12,6 a 12,1 miliardi. Un dato in controtendenza rispetto alle famiglie consumatrici (da 5,8 a 6 miliardi), ma che anche rispetto alle società finanziarie e assicurative (da 0,3 a 0,9 miliardi) e alle amministrazioni pubbliche (da 21 a 128 milioni). Per quanto riguarda il mercato bancario, interessante notare come le imprese registrino una frenata nella richiesta di impieghi sia nei confronti delle banche locali che di quelle nazionali.

Sul fronte delle famiglie, invece, gli istituti con sede in regione perdono leggermente terreno - circa 100 milioni nel quadriennio - mentre quelle nazionali hanno assommato un incremento di circa 300 milioni. Detto delle scelte della clientela, i dati Ispat disegnano anche un quadro nuovo per quanto riguarda il presidio del territorio da parte degli istituti bancari. In soli quattro anni, soprattutto in forza del processo di fusioni in corso nel credito cooperativo, le banche presenti sul territorio sono scese da 63 a 40. Quelle con sede in provincia erano infatti 38 nel 2016 e sono diventate 17 alla fine dello scorso anno con 21 insegne scomparse.


Gli istituti nazionali sono invece due in meno. Come diretta conseguenza di questo processo di razionalizzazione, è calato parecchio anche il numero degli sportelli che sono passati da 462 a 399. Sostanzialmente stabili invece gli sportelli Bancoposta, parte integrante del sistema bancario nazionale, che erano 188 nel 2016 e sono 184 nel 2020.

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