Aperture festive: «Indietro non si torna»

di Domenico Sartori

Fuori tempo massimo, volere oggi, come chiede il sindacato, lo stop alle aperture selvagge dei negozi nei giorni festivi. Lo dice da imprenditore, Mauro Poli , al vertice di un'azienda leader della Gdo, la grande distribuzione organizzata, in regione. La richiesta è stata avanzata dai rappresentanti sindacali del commercio di Cgil, Cisl e Uil: Roland Caramelle , Lamberto Avanzo e Walter Largher hanno scritto all'assessore provinciale al commercio, Alessandro Olivi, per sollecitarlo ad avere il coraggio di adottare un regolamento sulla falsa riga di quello adottato dalla Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia, che impone dieci chiusure annuali concomitanti con le festività. Aprendo quindi un contenzioso con il Governo, perché la liberalizzione selvaggia degli orari in nome del «libero mercato», decretata dal Governo Monti nel 2012 con il «Salva Italia», ha portato solo guai. Per le imprese, e prima ancora per i lavoratori. In termini di qualità della vita e di posti di lavoro perduti: quasi 400 nel 2016 nel commercio trentino, di cui 200 neomamme che hanno «mollato» causa ritmi e orari insostenibili.
Dottor Poli, come valuta la richiesta del sindacato?
«Ormai, è tardi per intervenire. Lo si doveva fare prima, al tempo del decreto Monti. Ora, sarebbe un passo indietro».
Perché?
«Perché si è evoluto il mercato, si sono evolute le strutture, sono cambiati i consumatori. Imporre la chiusura nelle giornate festive porterebbe ad altri problemi occupazionali».
Ne è convinto?
«Per tenere aperto sette giorni su sette, è indispensabile avere più personale, serve più organico. Quanto alla conciliazione tra lavoro e vita privata, noi, come gruppo, abbiamo fatto molto, nei limiti del possibile. Il lavoro impostato su turni ha creato interesse per quei lavoratori che, lavorando in alcuni momenti, possono avere tempo libero in altri».
Altre ragioni per cui non si può fare marcia indietro?
«Sarebbe altamente pericoloso. Se la Provincia di Trento intervenisse oggi per regolamentare le aperture, e Bolzano e il Veneto non facessero altrettanto, il risultato sarebbe che avremmo tutti i consumatori, che oggi sono mobili, che da Trento vanno a Bolzano o a Verona. Sarebbe una fuga».
Il sindacato dice alla Provincia di Trento di fare come in Friuli...
«Ma questo tipo di decisioni, se del caso, possono essere prese solo a livello sovraregionale. Se lo si fa solo in Trentino, si indebolirebbe il tessuto economico della nostra provincia. Ma, soprattutto, le aziende si sono strutturate per avere un orario di apertura così ampio».
Il gioco vale la candela? Le aperture domenicali rendono?
«Noi siamo stati un'azienda fin dall'inizio fortemente critica sulle aperture domenicali, anche perché fu deciso in un momento di stasi dei consumi. Poi, in seguito all'apertura della concorrenza, del Pam e della cooperazione, con il Superstore, ci siamo dovuti adeguare alla situazione...».
E i risultati?
«Si può dire che dopo 4-5 anni il consumatore si è abituato ad una nuova modalità di fare acquisti, e in certe situazioni per noi la domenica è il giorno più importante a livello di incassi...».
All'Iper Poli, per esempio?
«No, non tanto all'Iper Poli... Ci sono altri negozi dove il sabato e la domenica rappresentano i due giorni più importanti per fare fatturato. Ecco perché chiudere la domenica avrebbe un impatto devastante. Chi oggi si è abituato a fare acquisti la domenica, si sposterebbe altrove. Sarebbe una perdita enorme».
La Giunta provinciale attende la sentenza del Consiglio di Stato sul caso Friuli, per poi prendere una decisione...
«Dico subito che se la decisione sarà restringere gli orari, sarebbe una scelta pericolosa per il Trentino».
A meno che non cambi la normativa a livello nazionale, visto che in Austria e in Germania la domenica tengono chiuso...
«La vedo ancora più complicata. All'inizio, la domenica si faceva fatica; oggi, è il primo o secondo giorno della settimana per vendite».
In Trentino «sbarca» la multinazionale Aldi, a Trento e a Rovereto. Aumenta la concorrenza e la torta è sempre quella. Che ne dice?
«Aldi sarà un nuovo concorrente da fronteggiare. I suoi concorrenti diretti sono i discount, Lidl ed Eurospoin. Ma è vero che è un formato che drenerà consumi anche dalle altre forme di distribuzione. Valuteremo quale reazione mettere in campo».
Necessario intervenire sulla pianificazione commerciale?
«Non si può intervenire per fermare un marchio: c'è la libera concorrenza. In Trentino si sarebbe dovuta fare per tempo una pianificazione commerciale di lunga visione. Scontiamo gli errori del passato».
Quali?
«Per anni, il territorio è stato chiuso. Poi, c'è stata un'apertura improvvisa ed ora, invece, si tende a chiuderlo di nuovo».
La recente variante a fini commerciali del Comune di Trento va bene?
«I metri quadri a disposizione sono sicuramente molti. C'è da vedere se le realizzazioni saranno possibili, perché il mercato non è saturo: è strasaturo».

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