Voucher ma non troppo «Bisogna limitarne l'uso»

Fim Cisl: sono un espediente per non assumere

di Lorenzo Basso

All’indomani della pubblicazione dei dati relativi all’utilizzo dei voucher emessi dall’Inps a livello provinciale e nazionale, in cui si rileva un vasto ricorso allo strumento a partire dal 2013 da parte di aziende e datori di lavoro, il Comitato direttivo della Fim Cisl del Trentino chiede di introdurre misure di limitazione dell’impiego della peculiare forma di retribuzione, contenendo l’emissione di buoni ai soli casi di lavoro accessorio ed occasionale e delegando i criteri di utilizzo alla contrattazione collettiva. 
 
In un documento approvato nella mattina di ieri, il coordinamento locale dei metalmeccanici esprime infatti la propria preoccupazione in merito al vasto utilizzo dei voucher nei settori del commercio, dell’edilizia e dei trasporti quale alternativa economica e di dubbia legittimità al contratto collettivo nazionale.
 
Introdotti per promuovere l’emersione del lavoro nero (soprattutto per quelle forme di occupazione discontinua), i cosiddetti «buoni lavoro» - reperibili nei tabacchi, banche o acquistabili in internet, sul portale dell’istituto di previdenza - sono stati sdoganati nel 2012 dall’allora ministro Elsa Fornero, con l’intento di promuovere l’emersione del lavoro nero. Negli ultimi anni, denunciano tuttavia i delegati della Fim, i voucher sarebbero diventati una forma di assunzione alternativa, incentivando precariato e lasciando privi di tutele i lavoratori, perlopiù giovani sotto i 35 anni.
 
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«Inizialmente - ci ha spiegato il segretario della Fim-Cisl Paolo Cagol, a margine del convengo tenutosi nella mattina di ieri prima dell’approvazione del documento sindacale - i buoni per il lavoro erano disciplinati rigidamente dalla legge Biagi, che prevedeva il loro utilizzo solamente nel rispetto dell’occasionalità e della accessorietà del lavoro. Dal 2012, l’unico limite rimasto è invece quello economico (non più di 7.000 euro netti l’anno per lavoratore), diventando così un espediente per evitare l’applicazione dei contratti nazionali nelle forme a tempo determinato».
 
Il problema rilevato dagli esponenti della Fim è particolarmente sentito in Trentino, dove l’impiego dei voucher è nettamente superiore alla media nazionale: nel solo 2015, sono stati emessi 4,5 euro in buoni per ogni trentino in età lavorativa, per un totale di oltre un milione e 700mila euro. Nel resto d’Italia, la media per lavoratore è invece di 1,9 euro.
 
«Sul nostro territorio - ha aggiunto Cagol - l’impiego di questa forma di pagamento è ascrivibile principalmente all’ampia richiesta di stagionali, anche se spesso questi non sono per nulla lavoratori occasionali. Anzi, solitamente svolgono attività subordinate e in modo continuativo».
 
I principali utilizzatori dello strumento sono anzitutto gli operatori del turismo (al 20%), seguiti dai commercianti (17%), dai servizi (12%) e dagli agricoltori (10%).

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