Da una recente ricerca sulla mobilità sociale in Italia, pubblicata su lavoce.info, all'inizio di maggio, emerge un dato per certi versi sorprendente. Mentre l'analisi rileva che la mobilità sociale decresce dalle province del Nord verso Sud, così come il livello dell'attività economica, misurato dal valore aggiunto pro capite, le province di Trento e di Bolzano fanno eccezione.

Il Trentino e l'Alto Adige, infatti, presentano un livello di mobilità sociale (vedi cartina fonte lavoce.info) tra i più bassi in Italia, pur essendo due delle province più prospere del Paese. Il dato curioso emerso dallo studio di Giovanni Pica, Maia Güel, Michele Pellizzari, José Vicente Rodriguez Mora, è stato citato anche domenica scorsa da Stefano Lepri durante l'incontro con il professore di Harvard, Nathaniel Hendren, che ha presentato il suo studio sulle differenze geografiche negli Stati Uniti. Potrebbe essere interessante approfondire le ragioni di questo risultato nel confronto fra province italiane.

L'analisi di Pica e degli altri economisti mette in evidenza che non sempre una società più mobile è anche più prospera e viceversa. Dipende infatti, sostengono gli autori, «da quanta parte delle competenze e abilità individuali vengono trasmesse all'interno della famiglia». «Se il canale familiare è importante - sottolinea Pica nel suo articolo pubblicato sul lavoce.info - anche una società relativamente poco mobile può essere prospera».

Nella ricerca l'indice basa la stima della mobilità sociale sul confronto tra la variabilità dei redditi all'interno delle famiglie, identificate attraverso il cognome, con la variabilità complessiva dei redditi. Quanto più bassa è la mobilità sociale in una determinata provincia, tanto più omogenei sono i redditi all'interno di ciascuna famiglia rispetto alla loro variabilità complessiva nella provincia in questione. «È come dire - spiega Pica - che dove la mobilità è bassa, per conoscere il reddito di un individuo è sufficiente sapere a quale famiglia appartiene».