«Alto Adige migliore? È colpa delle coop»

Si dice che il Trentino sia l'unica terra che fa rima con vino. Eppure è l'Alto Adige la terra d'elezione del nettare di Bacco. E visto che il buon bere accompagna il buon mangiare Bolzano batte Trento anche tra gli chef stellati. Le classifiche diramate nei giorni scorsi da Gambero Rosso e Guida 2015 Espresso certificano una distanza ben superiore ai 50 chilometri di A22 che separano i due capoluoghi alpini

di Daniele Battistel

77a8b6bf55_4702777.jpgSi dice che il Trentino sia l'unica terra che fa rima con vino. Eppure è l'Alto Adige la terra d'elezione del nettare di Bacco. E visto che il buon bere accompagna il buon mangiare Bolzano batte Trento anche tra gli chef stellati.
Le classifiche diramate nei giorni scorsi da Gambero Rosso e Guida 2015 Espresso certificano una distanza ben superiore ai 50 chilometri di A22 che separano i due capoluoghi alpini.
«Non è un caso - accusa  Mario Pojer , presidente dei vignaioli trentini - Qui in Trentino si è privilegiata un'impostazione di un certo tipo, basata sui numeri, sull'acquisto di vino da fuori, sull'imbottigliamento e su grandi volumi da esportazione grazie a contratti con la grande distribuzione; in Alto Adige si è fatta un'altra scelta: si esporta il territorio e la produzione che esce è solo quella coltivata lì».


Il frutto, secondo Pojer, di una politica impostata vent'anni fa: «Qui è in mano quasi tutto al mondo delle cooperazione, mentre in Alto Adige c'è più equilibrio: 60 per cento di cantine sociali, 30 per cento di privati e tanti piccoli vignaioli che di anno in anno stanno crescendo».
Non serve dirlo che Pojer predilige il modello sudtirolese. «E sa perché? Perché il vino è una cosa seria: porta in giro per il mondo il nome di un territorio e deve rispettarne le qualità. L'Alto Adige ha fatto così, puntando sull'eccellenza, mentre la cooperazione ha il monopolio e fa scelte diverse».
Ma oggettivamente si può dire che il vino trentino è di scarsa qualità? «Assolutamente no - risponde Pojer -. Il problema è la scelta commerciale. Qui non si punta all'eccellenza del territorio, ma a vini di massa richiesti in quantità industriale, con il risultato che il pinot nero imbottigliato in Trentino arriva dall' Oltrepo pavese, il riesling pure».
Forse - azzardiamo - le grandi cantine del mondo cooperativo hanno, a differenza dei privati, la responsabilità di remunerare il territorio, garantire un reddito alle migliaia di piccoli contadini associati. «Ma con la politica attuata in Trentino il valore di uva prodotta è pari a 11 mila euro per ettaro, in Alto Adige siamo a 18.750. Quindici anni fa noi eravamo a 20 mila e Bolzano a 13 mila. Non è la crisi che ha portato a questo tonfo dei valori del vino e della campagna trentini, ma le scelte politiche fatte a suo tempo».


Paolo Dorigati  (Methius di Mezzocorona) sostiene che continuare a confrontarsi con l'Alto Adige «è controproducente soprattutto per l'autoconvinzione». «A forza di dircelo che lassù sono meglio di noi poi ci convinciamo che sia così». E invece no? «Da un punto di vista della qualità non abbiamo nulla da invidiare all'Alto Adige. Sicuramente quello che fa la differenza è il fatto che loro puntano molto sui privati. Non ho nulla contro le cantine sociali, anzi. In Trentino ci tanti piccoli buoni produttori, e le grandi cantine che devono puntare sui numeri, manca la fascia media, quella che può puntare all'eccellenza».


Nel campo della ristorazione, invece, il problema è «l'accerchiamento della concorrenza». A condividere questa teoria è  Danilo Moresco , presidente dell'Associazione ristoratori. «In Alto Adige c'è una tradizione di cura e perfezionismo anche nelle piccole aziende, non solo per quanto riguarda il cibo, ma anche per la presentazione e l'immagine dell'azienda. Noi soffriamo la vicinanza di Veneto e Lombardia, dove si punta forte su quantità e prezzo, costringendo le nostre realtà ad annacquare la tradizione».


Moresco non ne dà colpa ai ristoratori trentini «che, anzi, si impegnano moltissimo, lo posso garantire». «Il fatto è che poi sono costretti a distinguersi e a difendersi dalle cucine etniche». Cinesi, arabi, indiani  sono arrivati dappertutto, anche nelle valli. «Ci creano difficoltà perché fanno una concorrenza assurda sui prezzi, costringendo i nostri a sacrificare certi dettagli per tenere insieme il bilancio. È una concorrenza negativa perché abbassa la qualità». Per Moresco, poi c'è un ulteriore problema: «La ristorazione interessa poco ai nostri politici. Mi piacerebbe ci fosse coinvolgimento maggiore, il progetto delle "Osterie tipiche trentine" era partito bene, ma poi per motivazioni che non abbiamo mai capito è stato messo lì a bagnomaria».
«I ristoratori fanno parte del commercio, ne parlino con l'assessore Olivi» è la prima replica dell'assessore al turismo  Michele Dallapiccola . Il quale, poi, condivide che «in effetti la cosa è piuttosto singolare». «Capisco i problemi, ma è impensabile che la politica abbia soldi per tutti» taglia corto.


A ristoratori e produttori di vino che rimpiangono l'eccellenza sudtirolese l'assessore fa un invito: «Mettersi assieme, collaborare, raccogliere l'esperienza di chi fa meglio». Sul vino, in particolare, aggiunge: «Capisco l'eccellenza altoatesina, ma la nostra produzione è cinque volte maggiore e dunque la viticoltura  trentina ha un ruolo e una responsabilità diversa».

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