Musica / Intervista

Fabio Concato, oggi il live a Trento con "Musico ambulante": «Ho settant’anni, ma il ritmo è sempre quello»

Il cantautore milanese sul palco del Santa Chiara, con un repertorio fatto pescando fra i 170 brani della sua lunga e fortunata carriera

di Fabio De Santi

TRENTO.  E’ entrato nel cuore delle persone raccontando storie di vita, cantando le emozioni che prima o poi tutti incontrano nel proprio percorso. Lui è Fabio Concato uno dei più amati cantautori italiani che sarà a Trento questa sera, sabato 13, all’Auditorium S. Chiara (Inizio ore 21; biglietti ancora disponibili).

Fabio Concato ha fatto dei suoi testi, del suo modo raffinato di comporre ed elegante di cantare il suo tratto distintivo anche negli appuntamenti live.

Fabio Concato, mi incuriosisce la sigla di questo tour: "Musico ambulante".

“Mi considero un "musico ambulante": sono sempre in giro, sono a cantare dove mi chiamano e immagino dove mi vogliono bene e mi stimano. Ogni tanto mi sento un commesso viaggiatore (sorride il cantautore milanese n.d.r.) un po' meno alienato magari, perché ogni sera è diversa dalle altre ma questa è ancora la cosa che mi diverte di più fare”.

Cosa ha raccolto nel live che proporrà a Trento?

“C'è ovviamente "Troppo vento" che è una canzone che amo molto che si differenzia abbastanza dal resto del mio repertorio. L'arco temporale va dalla fine degli anni settanta a pezzi più recenti, anche se non sono uno che pubblica proprio ogni anno”.

C'è qualche canzone del suo ricco repertorio, fatto di 170 brani, che ha "riscoperto"?

“Ne voglio ricordare un paio iniziando da "E a quanti amori" presente in un disco prodotto e registrato a Londra con Flavio Premoli, il tastierista della Pfm. Vorrei far ascoltare delle cose che sono state magari meno fortunate ma che mi rappresentano ancora oggi senza grandi cambiamenti. C'è anche "Speriamo che piova" che non ho più cantato da quando in Sicilia dieci anni fa iniziai a suonarla con la chitarra. si scatenò il diluvio e fummo costretti ad abbandonare il palco. Non l'ho più cantata ma non coscientemente perché non sono affatto scaramantico. Ho riscoperto che piace alla gente che la canta e soprattutto la canto io con piacere”.

Nelle sue canzoni c'è tanta ironia e autoironia: quanto è stato difficile far comprendere questi elementi a chi l'ascolta?

“Non so se siano difficili da trasmettere ma è importante che le persone apprezzino e capiscano che sono autentici, che non è un giochino. D’altronde o ce l’hai dentro questa ironia o non te la insegna nessuno".

Quell’autenticità che ha caratterizzato il tuo percorso artistico

“Sempre più mi accorgo che c’è un grande affetto attorno a me, nonostante io non sia così popolare perché mi si vede poco in televisione, non pubblico dischi a manetta, per cui dovrebbe essere un pochino più difficile fare concerti e richiamare persone e invece vedo che le cose vanno molto bene. Ho ripreso il vecchio ritmo di quando avevo trenta o quarant’anni, peccato che adesso ne abbia settanta. Però suonare live rimane sempre la cosa più gratificante”.

Cosa l'emoziona maggiormente della dimensione live e nel rapporto col pubblico?

“Mi emoziona la serata in generale: nessuna è mai uguale all’altra e io non canto mai come la sera prima, i musicisti neanche. E poi ho sempre questo desiderio di scendere dal palco, DI mettermi accanto a una persona e di cantare insieme, vedere le loro facce, le loro reazioni: qualcuno si alza e mi abbraccia, c’è chi mi stringe la mano. Alcune sere si commuovono, anzi ci commuoviamo, altre sere si ride di più perché magari sparo più stupidaggini del solito che è raro ma può capitare. E’ questa la bellezza: la voglia di essere me stesso almeno due ore al giorno, mi sono reso conto col passare degli anni che quelle due ore sono le uniche in cui non ho maschere, filtri o confini, mi sento me stesso e probabilmente, anzi sono certo, che la gente se ne accorga perché poi va sempre a finire molto bene perché a fine concerto la gente si alza e se ne va rasserenata, magari riflettendo anche un pochino”.

Nell'ultima nostra chiacchierata aveva ribadito l'intenzione di non fare più album l'ultimo risale al 2012, ed è stato di parola: eppure i suoi fan si attendono ancora un disco di inediti.

“E’ bello che lo attendano ancora ma sono io che non credo sia il momento. In certi frangenti penso che questo sarebbe il momento migliore per far ascoltare nuove canzoni alle persone perché la musica è una sorta di pronto soccorso, sono convinto che abbia un’utilità sociale vera. Sono sempre un po’ combattuto tra il pubblicare qualcosa anche se non saprei come e con chi ma sarebbe l’ultimo dei problemi. Arriverà il momento, sto anche aspettando che la musica cambi il suo modo di essere raccontata. E’ come se temessi di fare qualcosa di cui poi la gente non si accorge e questo mi dispiacerebbe”.

foto Massimo TUZIO – Inside Music

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