Spettacoli / Teatro

Donne, la questione violenza economica e le difficoltà nel rapporto col denaro

Oggi, 5 dicembre, a Trento, la conferenza spettacolo in cui le due protagoniste intrecciano dati economici alle storie di quattro “personagge” che raccontano le difficoltà quotidiane nel loro rapporto con i soldi. Lo show “Piacere, denaro!” è proposto dalla Cassa Centrale Banca nell’ambito delle iniziative per la parità di genere, con l’attrice Antonella Questa e l’economista Azzurra Rinaldi, autrice del libro “Le signore non parlano di soldi”

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di Fabio De Santi

TRENTO. Una conferenza spettacolo in cui le due protagoniste intrecciano dati economici alle storie di quattro “personagge” che raccontano le difficoltà quotidiane nel loro rapporto con i soldi. È questo il filo conduttore di “Piacere, denaro!”, proposto dalla Cassa Centrale Banca nell’ambito delle iniziative per la parità di genere, venerdì 5 dicembre alle 21 con ingresso libero, al teatro San Marco. La rappresentazione sull’indipendenza e sull’inclusione finanziaria ha come protagoniste l’attrice Antonella Questa (destra nella foto) e l’economista Azzurra Rinaldi, autrice del libro “Le signore non parlano di soldi”.

Antonella Questa come ha preso forma “Piacere, Denaro!”?

“Azzurra Rinaldi è un' economista assai nota ma non aveva a che fare con il mio mondo. Siamo diventate amiche durante il lockdown perchè avevo aderito a un movimento creato da lei con altre professioniste che chiedevano che parte dei fondi del Pnrr fosse destinata a sostegno del lavoro femminile. In seguito ci siamo chieste come potevamo aiutare le altre donne a riconoscere la violenza economica, che è subdola ma porta a situazioni gravi e drammatiche perchè impedisce, nelle situazioni più estreme, a una donna di scappare o di portare in salvo i propri figli”.

Quindi?

“Dopo aver elaborato qualche idea è nata questa conferenza-spettacolo che è un mix delle personagge che ho creato e interpreto, che raccontano ognuna una situazione di difficoltà nel rapporto con il denaro e Azzurra si inserisce raccontando dati e aneddoti per spiegare cosa sia la violenza economica, come nasce e come possiamo evitarla o liberarcene”.

Chi sono queste “personagge”?

“Ho provato a intrecciare una storia dove potessero coabitare quattro età diverse: una bambina, sua mamma, la donna di servizio/babysitter e la nonna. Abbiamo provato a raccontare 4 situazioni in cui la dipendenza economica potrebbe generare violenza”.

Guardando alle discriminazioni di genere: davvero donne e uomini affrontano in maniera differente il tema denaro?

“I dati parlano in maniera chiara. Ad esempio chi guadagna di più, nell'85% è l'uomo. È un fattore culturale, cresciamo con un rapporto diverso col denaro, ad esempio alle bambine viene data una paghetta più bassa e in maniera più irregolare perchè i genitori danno al maschio qualche soldo in più per offrire un gelato a una ragazzina”.

Quanto è importante per le donne l'indipendenza finanziaria?

“È fondamentale. Molte non possono scappare da compagni o mariti violenti perchè non hanno il telefonino, non possono comprarsi un biglietto del treno. Dobbiamo fare attenzione ai bias cognitivi che abbiamo e che ci portano a pensare che le donne che si ritrovano in questa situazione siano quelle senza istruzione o in situazioni di fragilità ma la violenza e la dipendenza economica si insinuano spessissimo anche nelle famiglie alto-borghesi.  Capita che il marito faccia intestare conti o società alla moglie e se falliscono e lui sparisce, lei si ritrova con debiti e conti da pagare. E' fondamentale lavorare anche poco, anche solo per 400 euro al mese ma sono sempre soldi tuoi”.

Una questione culturale.

“Certo, se ad esempio in una coppia l'uomo guadagna più della donna e nasce un bambino, non è che la donna deve rinunciare al suo stipendio perchè quei soldi vanno a coprire il costo della babysitter. No, la babysitter andrà pagata 2/3 dal padre e 1/3 dalla madre a seconda di quanto si guadagna ma almeno la donna non esce dal mercato del lavoro perchè poi è difficile rientrarci e se ci si riesce magari bisogna ricominciare da capo con uno stipendio inferiore. Poi le donne culturalmente soffrono della sindrome dell'impostora che le porta a non chiedere aumenti”.

Lei cosa ha ”imparato”  leggendo il libro di Azzurra Rinaldi?

"Mi ha fatto riflettere sul fatto che anch'io mi sono lasciata ingannare dal mio ex marito da questa cosa del "ci penso io, non ti preoccupare" quando ad esempio avevo bisogno di studiare per preparare gli spettacoli. II fatto che abbia sempre continuato a lavorare mi ha permesso, quando il rapporto si è rotto, di potermi pagare un affitto per andare via di casa e un avvocato"..

Quale messaggio volete trasmettere al pubblico?

"L'accoglienza è entusiasta da parte del pubblico. Siamo a Trento grazie alla direttrice delle risorse umane del Gruppo Cassa Centrale che quest'estate ha letto il libro di Azzurra e ci ha scritto. Pensavo che fosse impossibile che il 37% delle donne non ha un conto corrente ma magari solo un conto condiviso e sono costrette a chiedere soldi per comprare qualcosa ai figli o per la casa. Il pubblico è trasversale, di ogni grado ed estrazione sociale, lo spettacolo piace molto, alla fine spesso ci chiedono di andare nelle scuole, perchè facciamo proprio una culture-action e chiediamo se avetericonosciuto una donna nel racconto che abbiamo fatto, ora sapete come fare in modo che il denaro diventi potere e che sia anche un piacere".

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