Cultura / Intervista

Le donne protagoniste della Resistenza, le pagine di Benedetta Tobagi

A Civezzano, giovedì 24 agosto, per l’Agosto degasperiano, serata con l'autrice del volume edito da Einaudi: «Mi interessava costruire un racconto corale di quelle che mi piace chiamare le “antenate”, che oltre a dare un contributo fondamentale alla Liberazione dai nazifascisti, senza rendersene nemmeno conto hanno dato il via alla grande marcia dell’emancipazione femminile proseguita nel dopoguerra»

di Alberto Piccioni

TRENTO. La Resistenza fatta dalle donne è autentica, non monumentalizzata: nella sua complessità, tra luci e ombre, ci interroga su cosa possiamo fare noi oggi contro le ingiustizie. Ne parlerà Benedetta Tobagi, giornalista e saggista, (ha dedicato particolare attenzione al periodo del terrorismo di cui fu vittima il padre, Walter Tobagi) per l’incontro “La Resistenza delle donne” (titolo del saggio della scrittrice, edito da Einaudi) che si terrà giovedì 24 agosto alle ore 20.45 alla palestra comunale di Civezzano, organizzato per l’Agosto degasperiano (prenotazioni sulla piattaforma Eventbrite e diretta streming sul canale Youtube della Fondazione Alcide De Gasperi).

A Benedetta Tobagi, finalista del premio Campiello 2023, abbiamo chiesto qual è stato il momento o l'evento scatenante che ha portato alla creazione del suo ultimo saggio.

«L'occasione del libro è stato l’incontro con una manciata di fotografie d’archivio, che mi hanno folgorato, per la loro potenza evocativa. La narrazione infatti è costruita intorno alle immagini. Mi hanno indicato il sentiero da percorrere per affrontare un periodo così ricco e complesso da un’angolazione particolare, quella femminile. Mi interessava costruire un racconto corale di quelle che mi piace chiamare le “antenate”, donne che, oltre a dare un contributo fondamentale alla Liberazione dai nazifascisti, senza rendersene nemmeno conto hanno dato il via alla grande marcia dell’emancipazione femminile proseguita nel dopoguerra».

Nel libro, attraverso le foto, lei ricolloca le donne nei ruoli e nei luoghi che storicamente hanno avuto all'interno della Resistenza. Come ha affrontato la ricerca e la narrazione per svelare le storie spesso dimenticate delle donne in quel contesto?

«Accanto alle fotografie d’epoca reperite negli archivi degli istituti di tutta Italia con l’aiuto della storica Barbara Berruti mi sono immersa nella miniera di testimonianze e “autobiografie narrate” raccolte a partire dagli anni Settanta, che ho utilizzato insieme a memorialistica, diari, contributi letterari, per restituire, accanto ai volti, la freschezza delle voci».

In che modo crede che la riconsiderazione del ruolo delle donne nella Resistenza possa cambiare la nostra percezione generale di quel periodo storico e influenzare la comprensione della lotta per la libertà e la giustizia?

«I racconti delle partigiane sono vividi, ironici, pieni di emozione ma scevri di retorica, aiutano a restituire una percezione della Resistenza non “monumentalizzata”, ma autentica, umana, con tutta la sua complessità, tra luci e ombre. Vediamo quanto la Resistenza sia stata matrice e prefigurazione di futuro, primo mattone di costruzione di un mondo radicalmente altro rispetto alla violenza schiacciante della dittatura e della guerra».

Molti dei suoi lettori potrebbero non avere una connessione personale diretta con gli eventi storici che racconta. Come affronta la sfida di mantenere vivo l'interesse delle nuove generazioni per queste storie?

«Ho costruito un saggio in forma narrativa perché credo che questa modalità di scrittura sia particolarmente adatta a restituire l’intreccio tra la grande Storia e parabole esistenziali individuali, che procedono sempre intrecciate, che lo vogliamo o no. Credo che questa forma di racconto aiuti a connettersi con esperienze lontane e diverse, che però mantengono un nucleo caldo e vivo. Attraverso i vissuti di queste donne ci riconnettiamo a un passato che ci “nutre” e insieme ci provoca. Loro non sono state a guardare davanti alle ingiustizie del proprio tempo. E noi?»

Quali speranze ha per il futuro della memoria storica in Italia, e come crede che il suo lavoro contribuirà a preservare e trasmettere queste importanti narrazioni alle generazioni future? Come vorrebbe vedere il dialogo pubblico e l'educazione riguardo a questi eventi evolversi nei prossimi anni?

Da ormai molti anni il discorso pubblico su passaggi storici importanti e complessi, dalla storia della Resistenza a quella degli anni Settanta – penso in particolare alle stragi, di cui mi occupo da oltre un decennio -, si riduce spesso in una specie di talk show a cielo aperto in cui s’ignorano le ricostruzioni storiche consolidate e si ripropongono vecchi argomenti di propaganda, bufale, tesi negazioniste, vecchi depistaggi. Occorre un lavoro paziente di disseminazione delle conoscenze acquisite in ambito scientifico e universitario presso un pubblico più ampio, e di promozione della ricerca storica, per esempio favorendo la trasparenza e l’accesso alle fonti, per esempio, e, naturalmente, un lavoro capillare presso studenti e insegnanti.

Di quali nuove "resistenze" abbiamo bisogno oggi, dal suo punto di vista?

«Vediamo ogni giorno come nel mondo le donne siano protagoniste di forme coraggiosissime di Resistenza. In Italia, credo che un ottimo, concreto punto di partenza sia riprendere in mano la Costituzione, in cui è iscritta l’eredità della Resistenza storica, e continuare a lavorare perché quei valori e quegli ideali di giustizia sociale siano realizzati davvero».

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