Spettacoli / Il lutto

La musica piange Alberto Radius, il grande chitarrista è morto all’età di ottant’anni

Protagonista della scena italiana per oltre mezzo secolo, il fondatore dei Formula 3 e collaboratore anche di Battisti e Battiato, nell'ottobre scorso fu protagonista di un applaudito concerto per il Monte Bondone Green Festival. Ecco l'intervista che in quell'occasione rilasciò all'Adige

di Fabio De Santi

TRENTO. È mancato all’età di ottant’anni, dopo una lunga malattia, Alberto Radius uno dei più noti chitarristi del rock italiano. Radius con la sua Formula 3 ha scritto pagine importanti per la musica tricolore, fra queste quella legata alla lunga collaborazione con Lucio Battisti e Franco Battiato.

L’ultimo concerto di Alberto Radius in Trentino è davvero recente e si lega al live in trio, aperto dal set dei Cavalieri Erranti. proposto lo scorso ottobre a Sant’Anna di Sopramonte per il Monte Bondone Green Festival di cui qui vi proponiamo alcuni scatti di Ferdinando Zanvettor.

In quell’occasione avevamo intervistato il chitarrista romano, classe 1942, che ci aveva raccontato gli anni trascorsi con Lucio Battisti e a Franco Battiato oltreché la sua grande passione per la chitarra. Riproponiamo qui quel dialogo di soli quattro mesi fa.

Alberto Radius, cosa racchiude il set sul Bondone?

“Sono diversi anni che propongo questo live giocato sui pezzi intramontabili di Lucio Battisti. Ho inserito in scaletta solo i brani a cui ho collaborato, non possiamo certo farli tutti, perché Lucio ha inciso oltre trecento canzoni. Da “Un’avventura” a “Una donna per amico” però c’ero quasi sempre al suo fianco, nel senso che anche quando non suonavo insieme a lui, Lucio mi voleva presente per qualche consiglio. Per esempio in “Mi ritorni in mente” quando c’è la parte dei fiati che in Italia non riuscivamo a trovare, ho proposto dei canadesi con cui avevo lavorato”.

Quale è stata la sua grandezza?

“Lucio ha inventato una maniera di cantare tronca: se uno sente la nostra lingua è un po’ penalizzata rispetto all’inglese perchè non abbiamo molte parole tronche da utilizzare, invece lui e Mogol riuscivano a trovare delle situazioni linguistiche che esprimevano tutto quanto. Per capirci: Al Bano è un tenorino che canta melodico della scuola di Claudio Villa che va benissimo ed è tipico della canzone italiana famosa nel mondo ma le sue canzoni finivano tutte col vibrato. Battisti invece aveva sparigliato le carte, eliminato tutte queste cose”.

Quanto le manca l’amico Battisti?

“Tantissimo perché mi ha insegnato tante cose. Era molto sensibile all’amicizia. A volte era un pochino criptico perché i suoi ragionamenti erano più per se stesso che per gli altri, per far capire che quella era la musica vera e credo ci sia riuscito”.

Come vede a distanza di anni il rapporto Battisti - Mogol?

“Insieme sono riusciti a scrivere delle cose che gli altri si immaginavano. Nei testi si racconta molto della vita di Mogol che rimane sempre un grande autore anche se poi dopo ne sono arrivati molti altri. Loro due avevano questo segreto di trovarsi da soli, Lucio era uno stacanovista del canto, provava cento o duecento volte e quando arrivava in studio sapeva già tutto su come cantare o sull'arrangiamento. Certo poi ti scontri con la realtà che non è come vuoi tu ma la maggior parte delle volte riusciva a fare quello che voleva lui”.

Cosa la spinge, passate le ottanta primavere, a salire ancora su un palco con la sua chitarra?

“Mi capita di addormentarmi con un motivo in testa e di svegliarmi con lo stesso motivo, allora prendo la chitarra per vedere cosa succede perchè mi piace proprio la musica, l’attenzione del pubblico. Non intendo il bagno di folla alla Baglioni, io preferisco dieci persone che sappiano qualcosa in più di musica e che siano compiacenti con quello che mi va di fare che è abbastanza particolare e poi rifare Lucio è difficile”.

Un consiglio che si sente di dare ad un ragazzo per suonare bene questo strumento?

“Bisogna fare la gavetta, tanta gavetta, non studiare per forza in una delle scuola di musica che ora come ora proliferano. È molto difficile fare questo lavoro in un mondo della musica che è totalmente cambiato, non è più il mio mondo ma anche oggi non ci sono scorciatoie bisogna faticare, provare, suonare, essere pronti alle delusioni e ripartire”.

Nel suo passato anche una lunga collaborazione con Franco Battiato.

“Ho lavorato nei primi sei dischi di Battiato da “L’era del cinghiale bianco” fino a “Mondi lontanissimi”. Mi rendo conto di essere stato fortunato a lavorare con due geni come Battisti e Battiato e mi rattrista pensare che entrambi se ne sono andati troppo presto, soprattutto Lucio, che aveva ancora tante cose in testa. Ho da poco lanciato uno spettacolo, con nove musicisti, dedicato proprio a Battiato”.

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