Calcio / La storia

L’ultimo goal di Pelé: quando il mito diventa leggenda vivente

Da Brera a Pasolini, passando per l’America: tutti affascinati da un calciatore che ha superato molti confini del possibile

DOLORE È morto Pelé, mondo in lutto per la scomparsa di una leggenda del calcio 
FOTO Le immagini della leggenda 
VIDEO Le foto di Pelé proiettate sui palazzi di San Paolo
ANNUNCIO La famiglia: "ti amiamo infinitamente"

di Luigi Longhi

TRENTO. Anche i miti se ne vanno. Solo così diventano leggende. Il suo mito rimarrà incarnato nella storia, nello sport, nella letteratura, nell’immaginario di tutti noi. Ovunque ci muoveremo oppure quando penseremo un attimo alla nostra giovinezza, Pelé ci sarà. La sua rovesciata, immortalata in foto in bianconero mai però impolverate, rappresenta la voglia di ribaltare il mondo e offrire a tutti noi una nuova prospettiva.

Il suo colpo di testa sopra le spalle di Tarcisio Burgnich nella finale di Mexico 70, sono il sigillo di un passato mai dimenticato. Proprio il tenace Tarcisio raccontò: «Prima della partita mi sono detto: è fatto di carne e ossa come tutti, ma mi sbagliavo!». Iconica la sua rovesciata nel film “Fuga per la vittoria”.

Il regista, John Houston raccontò che per la scena della rovesciata, immortalata dalle cineprese da sei inquadrature diverse, è bastato un solo ciak. Con O Rey «basta la prima». Una rovesciata è una pedalata all’indietro con la schiena in orizzontale al terreno e lo sguardo piantato da qualche parte, lassù in cielo.

E nell’Olimpo Pelé ha già un posto fisso. La sua bravura calcistica è stata fonte straordinaria per cantori, letterati intellettuali di tutto il mondo. «Pelé è stato uno dei pochi che ha smentito la mia teoria: i 15 minuti di gloria per lui valgono 15 secoli» disse Andy Warhol al termine di una partita.

Straordinario poi l’articolo di Gianni Brera sulla leggenda brasiliana apparso su La Repubblica. «È un vero classico... adesso guardate Pelé. Dolcechiaré: ha alzato il piedino prensile: lanotte: la palla si è fermata al primo contatto e senza vento: ricade ammansita sull’erba: un piedino prensile l’accarezza mentre l’altro spinge: echetasovraitetti: accorreva un avversario: si è coricato come un birillo: tettiposalà: avanza un altro: piroetta; lalùna: ecco un compagno smarcato: oppure, ecco una nuova battuta di dribbling: si corica il secondo birillo: o magari no, questa volta il birillo non si corica e vince il tackle: Pelé ha sbagliato il dribbling: càpita: anch’io ho dimenticato: sovr’ai tetti e dentro gli orti. Ripetizione: posalalunedì lontàn rivèla: ora parte Pelé in progressivo: è Berruti che vòlita fìngendo di allenarsi. Serenognì montàgna. Cor­rendo, senza sforzo apparente, ha fissato i bulloni in terra ed ha scaricato fulmineo la pedata: ha mirato, si è visto: mentre correva ha mirato e battuto a rete. Serenognì montàgna. Punto. Gol. Mi dico di non aver mai visto nulla di simile. Gli dedico epinici. Mi esalto e lo esalto...».

Pelé era un talento di meraviglia rara quasi mistica. Ha esteso il campo del possibile e anche quello dell’immaginabile. I racconti delle sue gesta venivano dall'aldilà dell'Oceano, da quella terra che ancora oggi noi europei facciamo fatica a capire, dove si gioca un calcio appassionante, abbagliante agli occhi, ma al quale rinunciamo sempre volentieri in nome della tattica. Una poesia in quattro lettere.

Eric Cantona, l’ex giocatore francese diventato attore, scrittore, alcui anni fa parlando di Pelè fece un paragone originale: «Un artista - disse - ai miei occhi, è colui che riesce ad illuminare una stanza buia. Non ho saputo trovare una differenza, né mai la troverò, tra il passaggio di Pelé a Carlos Alberto nella finale dei Mondiali nel 1970 e la poesia del giovane Rimbaud. In ciascuna di queste manifestazioni artistiche vi è un’espressione della bellezza che tocca ognuno di noi e ci regala un sentimento di eternità».

Pelé, rimandava a giocate fantastiche, a dribbling raccontati, a tiri e parabole incredibili, che, a volte, si facevano beffa della fisica, come certi quadri surrealisti. Il poeta brasiliano Carlos Drummond de Andrade notava che “la difficoltà, la straordinarietà, non sta nel realizzare 1000 gol come Pelé, ma nel riuscire a segnarne uno solo come Pelé». Quando diede l’addio al calcio un giornale brasiliano azzeccò un bel titolo: «Anche il cielo oggi piangeva».

Pelé era l'immaginazione del calcio, un pensiero dolce e magnifico, tanto quanto quel salto incredibile alle spalle, sopra le spalle, di Tarcisio Burgnich. Giorni nei quali si capì che tutto quello che si era letto e sentito sul conto di Pelé era molto più verosimile di quello che si poteva credere. Pelè incantò anche Pier Paolo Pasolini che nel 1970 fece un viaggio in Brasile assieme a Maria Callas. L’intellettuale friulano aveva definito il calcio «l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, è rito, anche se è evasione» ed era rimasto incantato da Pelé, dal suo modo di giocare. Pasolini scrisse che per gli europei il calcio è romanzo, per i sudamericani è poesia, Pelé era poesia e romanzo insieme, storia popolare e aristocratica di un pensiero infinito.

Anche gli americani se ne erano accorti, loro che il calcio non lo amano, avevano però capito che Pelé era qualcosa di diverso. Il grande calciatore fu protagonista di uno dei pochi film riusciti sul calcio. Fuga per la vittoria (Escape to victory), girato da John Huston nel 1981 si basava su un episodio realmente avvenuto durante la seconda guerra mondiale e annovera nel cast i migliori calciatori del tempo tra i quali. Nel cast furono scritturati anche Sylvester Stallone e Michael Caine.

Il libro più recente è “Pelé, il re del calcio”, scritto da Claudio Moretti (Newton Compton). Il racconto di chi e cosa è stato Pelè per il Brasile e i brasiliani, l'uomo degli oltre 1.000 gol in carriera che dalla polvere della poverissima Bauru, comune dello stato di San Paolo, arrivò a vincere per tre volte il Mondiale. Un giornale brasiliano nel giorno del suo ritiro così titolò: «Piangeva anche il cielo».

Nel 2006 è uscito “Pelé. Io, l'unico re”, scritto dallo stesso campione insieme a Orlando Duarte e Alex Bellos ( Mondadori): la palla di stracci calciata nelle strade in terra battuta a piedi scalzi, la crescita di un ragazzino destinato a diventare il numero uno, la nazionale brasiliana simbolo di un Paese intero che si fermava per vederlo giocare.

Partite storiche, imprese epiche e tanti retroscena inediti che raccontano il Pelé privato, dai matrimoni falliti ai figli, da Miss Brasile alle conigliette di Playboy, l'altra faccia del calciatore. Perché ogni mito ha molte facce. Sta noi scegliere quale preferire. Ora Pelè è morto. In un recente messaggio aveva confessato: «Spero che quando andrò in cielo, Dio mi riceva nella stessa maniera in cui tanta gente mi riceve qui in terra».

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