Arte / Vernice

Dalle maniglie di Gropius ai bicchieri art decò, dal Bauhaus agli abiti della Vienna di Freud: la mostra per archi-lovers al Grado 12 di Trento

Venerdì 11 la piccola esposizione che presenta oggetti di un periodo storico unico e visionario: compresi i bottoni e i completi da ballo degli eleganti anni Venti (e i vini che vi si adattano)

TRENTO. Una piccola mostra preziosa, per amanti delle chicche: è quella che si apre venerdì 11 marzo all’enoteca Grado 12 di largo Carducci a Trento. In mostra alcuni pezzi pregiati della collezione Dodecaedro: opere di Peter Behrens, Richard Riemerschmid, Koloman Moser, Josef Hoffmann, Walter Gropius.

Spiegano gli organizzatori: «Per una serie fortuita e fortunata di circostanze, nonostante i momenti critici dell'attualità, l'Associazione Dodecaedro e l'Enoteca Grado 12 in una veste rinnovata presentano nello spazio della vetrina in largo Carducci 12 di Trento alcuni rari oggetti significativi di un periodo storico ben preciso (quello dei primi decenni del Novecento) disegnati da grandi architetti di area tedesca e viennese che sentono la necessità di una riflessione intorno alla cultura materiale di un popolo in un'epoca di affermazione dell'industria.

Per tutto l'Ottocento l'Inghilterra è vista come la nazione egemone in tutti i campi e prima potenza industriale, ma alle soglie del nuovo secolo in continente, in conseguenza del grande sviluppo economico, vengono aperte nuove scuole di artigianato artistico con l'aggiunta di laboratori e docenti scelti tra gli artisti di avanguardia e architetti di fama e, con l'affermazione dello Jugendstil, a Vienna viene inaugurato un museo di Arti Applicate. Accedono allo studio e alla pratica in numero sempre maggiore le donne e si avvia una grande produzione di oggetti per la casa (mobili, tessuti, attrezzi...) in un clima di grande fermento culturale, seppur intriso di nazionalismo, fino alla fondazione nel 1907 dell'associazione “Deutcher Werkbund” che ha come obiettivo “il miglioramento qualitativo del lavoro industriale come prodotto della collaborazione di arte industria e artigianato da ottenersi mediante l'istruzione , la propaganda e una presa di posizione comune sulle questioni connesse.

I nomi degli architetti coinvolti sono straordinari: Peter Behrens, padre del razionalismo moderno, Richard Riemerschmid e Bruno Paul che mettono a punto un programma per la produzione in serie di mobili, i viennesi Josef Olbrich e Josef Hoffmann tra Sezession e la rivoluzionaria esperienza della Wiener Werkstatte già avviata nel 1903, il grande ceramista Max Laeuger...e nel 1912 si aggiungerà Walter Gropius...

Ma già dal 1902, dopo una prima adesione all'Art Nouveau, la sensibilità di Behrens è alle soglie di una svolta decisiva che lo porterà ad una vera e propria autocritica riproponendo il tema di un nuovo classicismo che accentua lo spirito analitico come antidoto al movimento e al decorativismo. I suoi ripetuti viaggi in Italia ritornano nelle sue opere architettoniche e negli oggetti nel recupero delle geometrie del romanico di san Miniato e degli elementi simbolici del rinascimento fiorentino dove l'ornamento si fa astratto e ne moltiplica gli effetti. Significativi in questo caso diventano i bicchieri che Behrens disegnerà per l'azienda di vetri Benedikt von Poschinger nell'apparente semplicità del piede, dello stelo e della coppa e nella essenziale decorazione a fascia d'oro ripartita orizzontalmente: sei rari bicchieri (per il vino bianco, il madeira, la birra e l'acqua ) riportano sotto le iniziali dell'architetto, l'anno 1902 e il numero progressivo del servizio tra autorialità e serialità. Degli stessi anni il piatto per la colazione in gres smaltato disegnato da Riemerschmid per l'azienda Merkelbach nel bellissimo gioco dato dalla perfezione decorativa dove la sezione ritmica dei cerchi blu ha il sopravvento.

Poi, parafrasando Ingeborg Bachmann, succede che “quando qualcosa mi piace molto, quando penso che debba essere“salvata… entro in rapporto con il passato non per citazioni ma per emozioni, rimescolamenti di carte… in poche parole Incontri” e di un abito di seta del 1905 ca. ci siamo innamorati ancora in buone condizioni un “caban antracite” (suggerito Gigi e Teresa Andreis di Raccolta Differenziata che ringraziamo anche per il prezioso prestito del servo muto disegnato dal grande Ico Parisi per Reguitti di Bologna) che presenta nappe e perline in vetro nero e, dulcis in fundo, quattro preziosissimi bottoni ad alveoli con smalti bianchi e neri ancora in ottimo stato che riportano il primo timbro della Wiener Werkstatte -quello disegnato da Koloman Moser già nel 1903 - autentiche emozionanti rarità che rimandano al clima degli anni viennesi di Freud, della grande letteratura e della musica, degli architetti e degli straordinari artigiani...della creatività tout court ai massimi livelli. L'abito va assegnato al grandissimo stilista e designer Eduard Wimmer – Wisgrill e all'incommensurabile creatore Josef Hoffmann nei tanti progetti in collaborazione . Di quest'ultimo presentiamo anche un tappo martellato in alpacca del 1905 con punzoni WW e JH etc...

Si prosegue con due coevi elegantissimi calici in vetro trasparente e ametista da liquore disegnati da Kolo Moser per Bakalowitz, Sohne, Vienna … fino agli anni tragici della guerra e al bisogno di rigenerazione con l'avvento della fondamentale esperienza del Bauhaus di Weimar ad opera di Walter Gropius (allievo di Peter Behrens): qui rimando alla sterminata serie di pubblicazioni chiedendovi di ammirare in vetrina lo straordinario disegno delle undici paia di maniglie e piastre metalliche ad opera di Gropius e Adolf Meyer per Loewy di Berlino del 1922, “la prima maniglia prodotta in serie volutamente concepita con una forma stereometrica primaria“ in acciaio nichelato caratterizzata da un design geometrico astratto in forma cilindrica ed ergonomica (esemplari simili al Victoria and Albert Museum ed in diversi altri musei del mondo).

Nelle sale dell'enoteca troverete opere in alpacca di Gio Ponti, un acquerello astratto di una delle protagoniste della stagione del Bauhaus Ida Kerkovius (di lei si ricordano i bellissimi tappeti e l'ottima pittrice), una lampada per Venini di Carlo Scarpa, vetri di maestri muranesi e ceramiche di grandi designers italiani ed europei» scrive il curatore Nicola Loizzo.

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