Informatica / L’appalto

L'indagine sul "Catasto digitale": ecco perché rischia di essere lo scandalo dell'anno (da 5,5 milioni di euro)

La Corte dei Conti e quei costi «in rialzo» del 10 per cento, in ballo 19 funzionari di Regione e Provincia, per l’incarico a Trentino Network e Südtiroler Informatik. Che si rivolgevano all’esterno

di Leonardo Pontalti

TRENTO. Avrebbero optato per l'affidamento in house a società informatiche a controllo pubblico senza valutare attentamente la maggiore convenienza che sarebbe stata trovata affidandosi al mercato.

Con questa accusa ora, la Corte dei conti, contesta a diciannove tra dirigenti e funzionari ed ex dirigenti ed ex funzionari di Regione, Provincia di Trento e Provincia di Bolzano (14 i trentini) un danno erariale di poco inferiore ai 5 milioni e mezzo di euro. Una somma pari al risparmio che - è stato stimato dalla Sezione di controllo sugli enti della Corte stessa - secondo l'accusa sarebbe stato possibile ottenere senza la soluzione in house.

Le contestazioni riguardano l'opera di digitalizzazione del catasto e del libro fondiario e - in particolare - la convenzione, sottoscritta sette anni fa dall'allora segretario generale della Regione, con l'allora Trentino Network (oggi incorporata in Trentino Digitale) e con Südtiroler Informatik. Alle due società a controllo pubblico, la Regione e le due Province avrebbero affidato numerosi incarichi, che spaziavano dallo sviluppo di applicazioni e sistemi informatici ad hoc alla manutenzione dei sistemi di information technology, dallo sviluppo di piattaforme on line, al loro aggiornamento. Il tutto con garantendo la possibilità alle due società di ricorrere anche a fornitori esterni per portare a termine gli incarichi.

La Corte dei conti - che ha dato mandato al Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Trento di curare le indagini - contesta a dirigenti e funzionari una superficialità ritenuta meritevole di censura nel non aver analizzato quale potesse essere la migliore soluzione, dal punto di vista economico, per le casse pubbliche.

Nell'analizzare i costi scaturiti dalla convenzione e dall'affidamento in house, la Sezione di controllo ha spulciato anche il "quantum" relativo all'affidamento esterno, rilevando come guardando solo a quella voce, per le casse pubbliche sarebbero nati maggiori costi pari anche al 10% rispetto a quanto sarebbe stato necessario sborsare se ci si fosse rivolti direttamente ai fornitori.Altra contestazione che viene mossa a funzionari e dirigenti è quella di aver agito in modo da far comunque risultare come conveniente l'affidamento in house.

Come? Secondo la Corte dei conti, affidando ad Assinter la redazione di un rapporto dal quale emergesse come le somme in gioco fossero in linea con quelle del mercato. Peccato però - rileva la Corte nell'invito a dedurre inviato nei giorni scorsi ai diciannove e firmato dal pubblico ministero Gianluca Albo - che Assinter sia la realtà che riunisce le aziende di Regioni, Province ed Enti Locali che operano nel settore Ict e che insomma difficilmente - rileva la Corte - avrebbe potuto dire male di tariffe proposte da due realtà associate.

Al momento l'accusa chiede ai diciannove di risarcire - ognuno per quote diverse in base alla responsabilità - una somma pari a 5.471.771,64 euro. Si va da richieste individuali pari a oltre un milione e mezzo di euro fino a richieste di poco superiori ai 10mila. I coinvolti hanno ora due mesi di tempo per presentare le loro controdeduzioni. Solo dopo questa fase di "confronto" la procura deciderà se procedere con la citazione in giudizio (e a carico di chi) o archiviare.

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