Violenza /Trentino

Le studentesse e le loro domande anonime: «E' normale che il mio ragazzo mi dia sberle?»

Il progetto Box populi: cassette delle lettere – anonime – nei bagni delle scuole e dei bar. La curatrice Fittipaldi: «Dopo il caso Cecchettin, un boom di messaggi»

APPELLO "Uomini, fate un esame di coscienza: fatelo per mia sorella Giulia"
TRENTO Migliaia di persone in corteo contro la violenza sulle donne
FEMMINICIDIO Giulia Cecchettin ha lottato 25 minuti per difendersi dai colpi

di Francesca Cristoforetti

TRENTO. «È normale che il mio ragazzo quando litighiamo, mi dia uno schiaffo? È solo uno schiaffo alla fine». E ancora: «Non riesco a capire se la mia relazione sia tossica o meno».

A lasciare questi messaggi, completamente anonimi, nelle cassette di Box populi collocate nei bagni delle scuole trentine, sono principalmente studentesse. Un boom di domande di ragazze che vivono "relazioni tossiche" o che hanno subito violenza, sono state raccolte immediatamente dopo il femminicidio della giovanissima Giulia Cecchettin, 105esima vittima in Italia da inizio anno.

«Una cosa mai successa», commenta la coordinatrice del progetto Box populi, autrice e conduttrice dell'omonimo podcast su L'Espresso, Antonella Fittipaldi. Il servizio di "ascolto" Box populi, che ha come obiettivo riuscire ad offrire riposte ai dubbi degli adolescenti garantendo la massima riservatezza, è stato lanciato quasi due anni fa dall'associazione Alternart, riscuotendo un grande successo. Perché in queste cassette lasciate nei bagni dei licei Galilei, Prati, Da Vinci e Sophie Scholl, ma anche all'Urban Coffee in via Cavour, al Centro teatro e al Dipartimento di psicologia e scienze cognitive di Rovereto (e ora all'Arcivescovile), non raccolgono soltanto dubbi, domande esistenziali, ma soprattutto storie, spesso di violenza.

Oltre diecimila persone per l'ultimo, commosso abbraccio a Giulia Cecchettin

Prato della Valle a Padova gremito di gente, oltre ottomila persone, mentre nella basilica di Santa Giustina si teneva questa mattina il rito funebre di Giulia Cecchettin, la giovane di 22 anni uccisa dall'ex fidanzato il mese scorso. Le toccanti parole del padre di Giulia, Gino Cecchettin: "Ci sono tante responsabilità ma quella educativa coinvolge tutti. Che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme contro la violenza, che la sua morte sia la spinta per cambiare"

«Si può parlare di un pre e post caso Cecchettin - spiega l'ideatrice Fittipaldi -. Abbiamo notato un forte aumento di messaggi da questo avvenimento, in cui esplicitamente si fa riferimento a situazioni di violenza, o in cui le ragazze cercano di capire se la loro relazione sia tossica o meno, chiedendo strumenti per comprendere i limiti».

A tutte le domande, raccolte nelle apposite scatole, viene data una risposta, elaborata da un team composto da circa 10 persone, tra esperti e psicologi specializzati e pubblicata sulla pagina Instagram dedicata. Ma da circa un mese le scatole negli istituti scolastici, in particolare del capoluogo, hanno raccolto molti messaggi, con un focus ben specifico, facendo scattare un campanello d'allarme: «Perché non riesco a lasciare il mio compagno violento anche se lo è solo verbalmente?», oppure, «sono traumatizzata dal mio ex che mi metteva le mani addosso e ora ho paura di qualsiasi figura maschile».

«Abbiamo riscontrato che la violenza è soprattutto psicologica tra i giovanissimi - prosegue Fittipaldi - i ragazzi tendono a manifestare comportamenti possessivi e di gelosia, cosa che viene ancora collegata a un concetto "romantico" di relazione. O si parla spesso di "rubare" il partner all'altro, ma questo presuppone che le persone vengano viste come delle proprietà. Cerchiamo di ascoltare senza pregiudizi ragazze e ragazzi, senza sminuire i loro quesiti ma cercando dare loro delle risposte serie. Ora con Alternart vorrei partire con dei corsi di formazione dedicati agli adulti su come imparare ad ascoltare».

Non va sminuito nelle scuole il tema della violenza contro le donne, che è necessario contrastare a più livelli, da quello linguistico a quello educativo.«Se vogliamo parlare di numeri chiamateci una ad una - conclude Fittipaldi -. Tutte le donne nel corso della loro vita hanno subito, almeno una volta, una molestia. Nessuna, purtroppo, esclusa. I numeri veri sono, in percentuale, sono il 100%. Per questo non sottovalutiamo i messaggi ricevuti, perché questo vivono le studentesse. E sono tante».

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