Istruzione / Il proposito

Scuola, la vicepresidente della Provincia Gerosa: «Corsi nelle classi contro le violenze sui minori»

Dopo i casi di stupro emersi su ragazzi minorenni, interviene l’assessora: «Serve una formazione sui pericoli, per riconoscere i segnali e non avere paura di parlarne. La federazione Volley ha fatto bene a radiare l’allenatore denunciato per aver violentato una giocatrice»

IL CASO Accusato di aver violentato un'atleta, allenatore radiato 
TRENTO Sequestra e violenta tre 14enni nel parcheggio di un locale
IL TEMA Violenza sulle donne, vanno educati gli uomini partendo da scuola 

di Luisa Maria Patruno

TRENTO. Le notizie di stupri, violenze sessuali e adescamento di minori che si sono susseguite negli ultimi giorni non hanno lasciato indifferente la vicepresidente della Provincia, Francesca Gerosa, che è assessora all'Istruzione, cultura, giovani, famiglia, sport e pari opportunità.

Gerosa è convinta che la scuola possa fare molto e annuncia fin d'ora la volontà di proporre «nel rispetto dell'autonomia scolastica» dei «percorsi strutturali, dalle elementari alle superiori, di consapevolezza del pericolo, autostima, rispetto e per incoraggiare i ragazzi a chiedere aiuto e a segnalare agli adulti qualsiasi atteggiamento, anche verbale, non consono».

Vicepresidente Gerosa, in Trentino sono emerse storie di violenza sessuale nei confronti di minorenni, nell'ambiente sportivo e nella loro vita quotidiana. Che impressione le hanno fatto queste gravi vicende?
«Mi stanno segnando tantissimo, perché sono una dietro l'altra, e ho iniziato la giornata con un nodo allo stomaco questa mattina. Dal caso della violenza della ragazza nel mondo dello sport, più le tre adolescenti violentate al sedicenne adescato da un quarantenne. Sono tutti casi diversi, ma noi dobbiamo riuscire a proteggere i nostri figli».

Partiamo dall'allenatore denunciato per aver violentato una giocatrice, che è stato radiato dalla Federazione nazionale Volley. Condivide questa decisione?
«Mi ha fatto piacere la presa di posizione della Federazione. È stata importante, perché gli allenatori sono degli educatori e diventano per gli atleti un riferimento importante e un esempio da seguire. Quindi non si deve generalizzare, perché si tratta di professionisti e i genitori non devono avere timore che i loro figli corrano rischi facendo attività sportiva o durante le trasferte. È fondamentale dunque isolare i singoli casi, al di là di questo specifico episodio, sul quale non entro nel merito, perché non spetta a me».

La Provincia cosa può fare per aiutare le ragazze e i ragazzi?
«Innanzitutto, ragazze e ragazzi vanno sensibilizzati a non avere paura a parlare, a raccontare, a un'amica o un adulto o alla famiglia, quello che gli accade».

Come si fa a sensibilizzare?
«Serve una formazione nelle scuole sui pericoli che si possono incontrare nella società. Noi non possiamo sapere se una persona è violenta finché non lo dimostra. Ma ragazze e ragazzi devono imparare quelli che possono essere i segnali, perché spesso a 11-13 anni non sono attrezzati per capirlo. Dobbiamo dare loro delle armi per metterli nelle condizioni di capire quando si trovano in situazioni di pericolo; e quando vivono situazioni di difficoltà per molestie anche solo verbali o violenze fisiche devono dirlo a qualcuno perché non devono affrontarlo da soli. Dobbiamo crescere cittadini consapevoli».

Che tipi di corsi immagina?
«Pur garantendo l'autonomia scolastica, penso a dei percorsi che devono diventare strutturali, dalle elementari alle superiori, all'interno dell'educazione alla cittadinanza, per garantire più consapevolezza. Si dovrà valutare come, senza appesantire il personale docente».

Quando era consigliera comunale a Trento nel 2009 denunciò un'aggressione sventata in un parcheggio e propose al Comune corsi di autodifesa e spray al peperoncino per le donne. Ora li sosterrà a livello provinciale?
«Vediamo cosa si potrà fare. Allora fui inseguita da un uomo che si buttò sulla mia auto, dove mi ero chiusa dentro. Il Comune non finanziò i corsi e per un anno li organizzai io per centinaia di donne dai 15 agli 80 anni. L'anno dopo li organizzò il Comune».

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