Veneto / La tragedia

La tragedia del bus, due operai africani per primi tra le fiamme a salvare i feriti

Il racconto di Aboubacar Tourè e Odion Egboibe che si trovavano nelle vicinanze e sono riusciti a tirare fuori dalla carcassa due persone prima dell'arrivo dei pompieri. La drammatica storia di una coppia di ventenni croati in luna di miele: Antonela ha perso la vita, Marko è ricoverato in rianimazione

IL PUNTO Il bus precipitato a Mestre, i dubbi sulla tenuta del guard-rail
FOTO Il bus precipitato: sotto sequestro l'area, compreso il guard-rail

VENEZIA. "Stanotte non sono proprio riuscito a dormire, poi oggi sono andato al lavoro, e sono un po' stanco". Si schermisce così Aboubacar Tourè (nella foto qui sotto), uno dei tre operai migranti africani che ieri notte si sono gettati tra i rottami e le fiamme del bus precipitato dal cavalcavia di Mestre, tentando e in parte riuscendo a salvare qualcuno tra i passeggeri. Tourè viene dal Gambia, è in Italia da dieci anni e in precedenza aveva lavorato ad Ancona. Vive assieme ad altri due cittadini nigeriani, in un palazzone alla base del cavalcavia di Mestre.

Lavorano alla Idromacchine, società di impiantistica di Porto Marghera, legata alla vicina Fincantieri. Tutti hanno tra i 26 e i 30 anni. "Ieri stavo cucinando - ha raccontato - e abbiamo sentito una botta come di un terremoto. Il nostro collega italiano Massimo, ha aperto la finestra e ci ha detto che c'era un pullman che era caduto. Allora siamo passati sotto e abbiamo visto il pullman che andava fuoco. C'era una donna che voleva uscire ma sua figlia era dentro. Non parlava italiano, ha detto 'my daughter', mia figlia. Le ho dato una mano, l'ho tirata fuori poi ho tirato fuori la figlia. Ho preso l'estintore per spegnere il fuoco ma non bastava. Sono arrivati i carabinieri, poi i vigili del fuoco. Con loro abbiamo usato il tiracavi e abbiamo fatto un bel lavoro e abbiamo tirato gente fuori, anche un cane".

Purtroppo l'autista non ce l'ha fatta: "L'ho guardato ma aveva la testa con il sangue, era morto. Solo dopo ho preso paura, ma quando la gente chiedeva aiuto, non ne avevo. Non avevo mai visto una cosa del genere, gente che moriva con i vestiti bruciati".

Il suo collega, Odion Egboibe (nelal foto qui sopra), nigeriano di 26 anni, ha ringraziato i vigili del fuoco: "Ci hanno dato dei vestiti nuovi, erano tutti sporchi di sangue, anche le scarpe per il mio amico che le aveva perse. Ma io non ho pensato a morire, volevo solo salvare le persone".

In tutto, dalla carcassa sono state tirate fuori due persone prima dell'arrivo dei pompieri, e dopo altre due, e un cane: "A lui non è successo niente", ha concluso Egboibe.

Fra le storie drammatiche dell'incidente di ieri sera, quella di due neosposi. Il matrimonio, il viaggio in una delle città più belle, il destino che scombina le tessere di un quadro perfetto. Tra le ventuno vittime del pullman precipitato ieri sera da un cavalcavia a Mestre c'è anche una giovane donna croata, di una ventina d'anni, Antonela Bakovic, in viaggio di nozze con il marito. Il coniuge, connazionale, Marko Bakovic è invece ricoverato in rianimazione a Milano.

A riferire della presenza della coppia in luna di miele in Italia è il sito croato di informazione 24Sata.hr, spiegando che si tratterebbe di due giovani provenienti dalla zona di Spalato, in Dalmazia. Sposati una ventina di giorni fa avevano scelto proprio Venezia come tappa del viaggio per coronare il loro sogno d'amore. Un viaggio di nozze da favola nella cornice da cartolina della città lagunare però finito in tragedia.

All'ospedale dell'Angelo di Mestre ci sono anche cronisti croati, per avere informazioni sulle condizioni dei loro connazionali. I due giovani sposi avrebbero quindi partecipato alla gita dal campeggio Hu di Marghera, dove soggiornavano anche gli altri turisti morti e feriti nell'incidente stradale. Il gruppo era composto di persone di diverse nazionalità: tedeschi, ucraini, austriaci, almeno un francese e spagnoli.

Alcuni nuclei erano in vacanza insieme, altri non si conoscevano e sono stati uniti dal tragico destino. Di alcuni di loro sono proseguite per tutto il giorno le operazioni di identificazione, mentre alcuni parenti sono arrivati all'ospedale dell'Angelo e portati in una stanza, presidiata anche dalla polizia, dove hanno supporto dall'equipe di psichiatri e psicologi dell'ospedale.

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