Università / Il caso

Studentato a Piedicastello, slittano i tempi: non sarà pronto prima del 2026, problema con i finanziamenti

Il rettore: «Ci preoccupa e innervosisce il ritardo del decreto del Mur». Pessima notizia per gli studenti in affannosa ricerca di alloggi, giovani costretti a fare i conti con una situazione abitativa allarmante

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di Domenico Sartori

TRENTO. Se tutto va bene, il nuovo studentato universitario di Piedicastello, con 200 posti letto, sarà pronto nel 2026, non prima. Pessima notizia per gli studenti in affannosa ricerca di alloggi e che ogni anno sono costretti a fare i conti con una situazione che peggiora, quanto a disponibilità di posti letto a prezzi non speculativi. La conferma arriva dal rettore, Flavio Deflorian, all'indomani dell'approvazione, da parte della giunta provinciale, dell'"Atto di indirizzo per l'università e la ricerca 2023 - 2025".

L'"Atto di indirizzo" conferma quanto denunciato nei giorni scorsi dal rettore: il mancato adeguamento della quota base, la qual cosa costringerà l'Ateneo a chiudere in perdita («15-20 milioni di euro») il 2023.

Le risorse a disposizione. Per ogni anno (2023, 2024 e 2025), la Provincia stanzia 114,02 milioni di euro di quota base, più una quota premiale (per i risultati raggiunti) di 500 mila euro all'anno.

C'è poi la quota programmatica: 3,31 milioni nel 2023, 4,64 nel 2024 e 4,82 nel 2025. È la quota legata a tre progetti: il corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia (avviato con l'atto di indirizzo 2020-2022); il progetto "Produrre idrogeno in Trentino H2@TN", con un budget di 1 milione di euro; il progetto "Infrastrutture per l'intelligenza artificiale - AI@TN2.0" (618 mila euro spalmati su tre anni).

Vi sono anche 148 mila euro (residuo del "Laboratorio Covid 2019") che l'Ateneo ha chiesto di utilizzare per l'acquisto di strumentazione integrativa per l'allestimento del laboratorio di diagnostica molecolare avanzata (Dma) del Cismed, Centro interdipartimentale di scienze mediche, attività congiunta con l'Apss (Azienda provinciale per i servizi sanitari). Nell'"Atto di indirizzo" ci sono pure le risorse per il programma di edilizia universitaria: 11,48 milioni nel 2023 e zero nei due anni successivi.

Degli oltre 11 milioni, 3,98 sono residui del programma 2004-2022 (completamento lavori nel compendio di ingegneria a Mesiano, al Cibio di Povo, all'ex Manifattura Tabacchi di Rovereto per Scienze cognitive) e 7,5 milioni sono per il nuovo studentato di Piedicastello (nelle foto, il rendering del progetto). Qui i conti non tornano, né per il quadro economico, né per il cronoprogramma.

La richiesta di cofinanziamento al Mur (Ministero dell'università e della ricerca) è del 2017. Nel 2022, è stato completato il progetto esecutivo. Ma nel frattempo sono mutate le condizioni: da un lato, è stato necessario integrare il progetto, dall'altro sono esplosi in prezzi delle materie prime. Risultato: i costi di realizzazione sono balzati da 24,7 a 30,9 milioni di euro. Per di più, il cofinanziamento del Mur è stato ridotto da 11,5 a 10,2 milioni di euro. Ecco perché la Provincia integra con 7,5 milioni la quota (13,2 milioni) a carico dell'Ateneo.

Resta il fatto che all'orizzonte ancora nulla si profila. «Ciò che ci preoccupa e innervosisce» dice il rettore Deflorian «è che abbiamo fatto le corse, con l'aiuto degli uffici tecnici della Provincia, per presentare il progetto esecutivo entro il 14 agosto 2022, come ci era imposto. Solo che poi nessuno lo ha preso in mano fino ad ottobre. Il progetto è stato quindi approvato dal punto di vista tecnico, ciò che manca è il decreto di finanziamento, che dipende anche dal Mef (il Ministero dell'economia e delle finanze retto da Giorgetti, ndr). E senza decreto, non possiamo passare alla fase operativa, alla gara di appalto. Il ritardo ha anche fatto lievitare i costi. Mi aspetto che arrivi presto il decreto. Se va bene, lo studentato sarà pronto nel 2026».

La quota base, nodo irrisolto.L"Atto di indirizzo" della Provincia era atteso, l'Università lo aveva condiviso prima ancora che il rettore sollevasse il problema della quota base (ferma da dieci anni). «Chiaro che la soluzione sta nella revisione dell'accordo con il Mur e con il Mef da parte della Provincia, cui noi possiamo fare da supporto» dice il rettore. Ma perché, nel 2017, non è stata fatta la revisione, prevista dopo cinque anni? «Non ce n'era bisogno, allora il bilancio era ancora sostenibile» risponde Deflorian. Ad ogni modo, è un partita che dovrà giocare la giunta provinciale che uscirà dal voto del 22 ottobre. Fin qui, l'Ateneo ha avuto come interlocutore un presidente, Maurizio Fugatti, che snobba sia le inaugurazioni dell'anno accademico che il confronto preelettorale con gli studenti. Quanto alla quota base, il professor Stefano Zambelli ha contestato due cose: primo, il fatto che il cda dell'Ateneo non abbia finanziato il "buco" pianificando l'utilizzo di metà del patrimonio netto di 150 milioni, utilizzando 75 milioni in cinque anni; secondo, l'incapacità di prevedere quanto successo.

Risponde il rettore: «Ma quando mai un cda e dei revisori dei conti autorizzerebbero l'utilizzo del patrimonio netto, a garanzia degli investimenti, per finanziare le spese correnti? Non sono un economista come Zambelli, ma meraviglia la proposta. Quanto alla capacità di previsione, l'aumento dell'organico era previsto. Ma nessuno poteva prevedere un'impennata dell'inflazione al 7%. Neanche Zambelli: se avesse questa capacità di previsione, sarebbe un uomo ricco e non lo avremmo più come docente».

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