Giustizia / Il caso

La clamorosa verità: il suo "vero" padre è il cognato, il riconoscimento 60 anni dopo

La donna ha appreso in età adulta che l’uomo che l’ha poi cresciuta non è il genitore biologico: chi l’ha generata si è poi unito in matrimonio con la sorella, che all’oscuro di tutto

di Marica Viganò

TRENTO. Il suo vero papà è stato riconosciuto sessant'anni dopo. Una donna trentina si è ritrovata in età adulta a scoprire un lontano segreto di famiglia e a dover riscrivere la sua storia personale: l'uomo che l'ha cresciuta, marito della sua mamma e genitore a tutti gli effetti dei fratelli e delle sorelle più grandi di lei, non era il suo vero papà. Ancor più sorprendente - e, immaginiamo, scioccante - è stato apprendere che l'uomo che l'ha generata era una persona a lei molto vicina, legata addirittura con vincolo di affinità: era suo cognato, l'uomo che ha sposato sua sorella, ma che non si è tirato indietro alla richiesta di effettuare il test del Dna.

La vicenda affonda le radici in una valle trentina e in anni in cui l'adulterio era considerato un reato (l'abrogazione risale al 1968): la moglie che tradiva il marito era punita con la reclusione fino ad un anno, con la stessa pena prevista per il partner con cui aveva commesso il reato; gli anni di reclusione saliva a due in caso di relazione adulterina.La donna nacque nel 1963 e, come ha specificato al giudice nella richiesta di accertamento dell'identità del padre naturale, «era stata riconosciuta come figlia legittima dal marito della madre». Nulla di traumatico sarebbe avvenuto nella sua infanzia e nella sua giovinezza. La donna è rimasta all'oscuro di tutto fino ai quarant'anni, quando una delle sorelle - probabilmente per cercare di ristabilire gli equilibri della famiglia che ormai tra figli e nipoti si era allargata - le raccontò del passato e di una scomoda verità.

Fu in quel momento che venne a conoscenza che lei ed i suoi fratelli non erano figli dello stesso uomo, ossia del marito della mamma, ma che il suo vero papà era il marito di un'altra sorella, fino a quel momento pure lei all'oscuro di tutto. Quelle nozze avvennero una manciata di anni dopo la sua nascita. Scomodando Tolstoj, «tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo».

La donna, scoprendo la verità ormai adulta, ne parlò con il cognato-padre, che a quel punto raccontò tutto anche alla moglie (ossia alla sorella della donna) e si sottopose ad un prelievo di sangue per l'esame del Dna. Il risultato era stato positivo. Paternità dunque accertata clinicamente, con l'uomo che aveva incluso fra gli eredi la figlia nata dalla relazione extraconiugale. Era il 2007, ma l'iter per il riconoscimento ufficiale era solo al primo step dato che in famiglia sono iniziate alcune frizioni a suon di ricorsi e il procedimento civile promosso dalla donna era stato sospeso in attesa del disconoscimento della paternità dell'uomo che l'ha cresciuta.

Nel frattempo il cognato-padre è morto ed ulteriori accertamenti clinici non sono stati possibili. Il tribunale di Trento ha però evidenziato che dai risultati del Dna certificati dal servizio di medicina legale risultava che la probabilità di paternità era pari al 99,99507%, dunque «prova atipica idonea ad affermare la paternità». Con sentenza depositata nei giorni scorsi il tribunale ha accertato che la donna è figlia del cognato. Una verità che ora, a 60 anni dalla nascita, è anche nei documenti.

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