Fauna / Il caso

Val d’Ambiez, un orso inseguito con il drone: il Parco Adamello-Brenta chiede chiarimenti

Gli operatori che giravano il video-documentario sono stati a loro volta ripresi. Il tutto all’insaputa dei responsabili dell'area protetta, che insorgono, il presidente Ferrazza: «Disturbo della fauna e mancata autorizzazione». Il giallo della presenza di un funzionario provinciale, revocato il permesso d’accesso

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di Domenico Sartori

TRENTO. Capita che l'orso non si capaciti di quell'aggeggio che gli ronza sopra il testone, rompendo il silenzio in quota. Il bestione prova a spostarsi, ma l'aggeggio non lo molla. Lo insegue. Si avvicina, poi per un attimo si allontana. Poi, è di nuovo lì. Vicinissimo.

E l'occhio della videocamera incrocia per lunghi attimi quelli del plantigrado. Fermi, immobili entrambi, il drone in aria, come un gheppio che fa lo "spirito santo" per avvistare prede, e il grosso animale. E quando l'orso si inerpica lungo il ghiaione imboccando una lingua di neve sovrastata dalla parete di roccia, l'aggeggio volante, il drone, è sempre lì. L'orso si mette a correre, vira sulla sinistra. Il drone non lo molla.

I videomaker inseguono l’orso con un drone nel territorio protetto del Parco Adamello Brenta

Un drone, guidato da due videomaker, ha letteralmente inseguito un orso in territorio protetto, all’interno del Parco Adamello Brenta. Il drone che riprendeva l’orso è stato però a sua volta ripreso, e il video è finito sul tavolo dei vertici del Parco, che nulla sapeva e che ha chiesto conto alla Provincia.

Capita però che le riprese siano riprese. Che il tutto sia documentato da un video realizzato da altre persone presenti in zona, pubblicato anche sul gruppo Telegram della Provincia, visto da decine di utenti. Capita che il Parco Adamello Brenta, che nulla sapeva, ne chieda conto ai dirigenti responsabili della Provincia, Sergio Tonolli (Faunistico) e Giovanni Giovannini (Servizio foreste). E che, ancora, in questa storia manchi la parola fine.

Il primo capitolo è scritto la sera del 5 maggio, quando i due videomaker vengono colti sul fatto. Uno pilota il drone, l'altro insegue l'orso imbracciando una macchina fotografica. Siamo in alta Val d'Ambiez. I due sono lì per business, per conto di un'azienda che produce (e vende) documentari. Le immagini ricavate si può supporre siano bellissime. Come il contesto, tra Cima Ghez e il Dos di Dalum su un versante, i Marugini e il Corno di Senaso sull'altro. Zona, un anfiteatro nel Brenta meridionale, di incomparabile bellezza. Zona di orsi. Peccato che tutta l'attività sia illecita.

I due sono saliti lungo l'impervia strada che da Baesa percorre la stretta val d'Ambiez, parcheggiando il furgone nero Mercedes ai 1.545 metri di Malga Senaso di Sotto. Sul cruscotto c'è il permesso per percorrere strade forestali.Fatte le riprese e ripresi a loro volta, si apre un altro capitolo della vicenda. Che si complica. Perché nelle vicinanze è presente anche un funzionario di settore della Provincia, che "dal vivo" assiste alle operazioni.

Il Parco Adamello Brenta viene informato. Visiona le riprese. Interpella il Servizio mobilità della Provincia. Scopre che non c'è stata alcuna autorizzazione al sorvolo con drone. Per legge, l'autorizzazione è necessaria, anche per ragioni di "interesse pubblico e documentazione tecnico scientifica", per tutte le aree poste sopra i 1.600 metri e nei Parchi naturali.

Il presidente dell'«Adamello Brenta», Walter Ferrazza, prende carta e penna e chiede chiarimenti: «È evidente» scrive «che sembrano configurarsi due situazioni da valutare in termini legali: la prima è il disturbo della fauna (LP 24/1991 art. 38 lettera j e articolo 28 delle Norme di attuazione del Piano del Parco), la seconda è la mancanza di autorizzazione al sorvolo (LP 5/1996)». C'è anche da capire quanto il drone possa contribuire ad abituare l'orso alla presenza dell'uomo, a renderlo più confidente.

«L'accaduto» scrive Ferrazza «è in netto conflitto con le attuali esigenze in termini di gestione degli orsi e anche, considerando la pubblicazione del video e il fatto che in loco erano presenti altre persone, con l'immagine dell'operato dell'amministrazione pubblica nei confronti della specie».

Un aspetto intrigante è la presenza di un funzionario provinciale sul "luogo del delitto". Che ci faceva lì? A che titolo? E perché non è intervenuto? Un altro riguarda il permesso di accesso. Per la legge (la 11 del 1997 sulle foreste e la protezione della natura) che disciplina la viabilità forestale, il permesso è rilasciato, «per particolari e motivate necessità», previa autorizzazione del proprietario della strada, di norma Comune o Asuc. Non è questo il caso.

Ricevuta la segnalazione del Parco, il dirigente delle Foreste, Giovannini, il 5 giugno ha risposto che, «in via cautelativa e nelle more degli opportuni accertamenti, si è provveduto a revocare il premesso di transito su strade forestali rilasciato a...», cioè all'operatore del drone. Per il resto, il dirigente ha chiesto gli sia inviato il materiale video «al fine di effettuare gli opportuni approfondimenti». Fatto. E da due mesi, al Parco, attendono di conoscerne l'esito.

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