Ambiente / I dati

Qualità dell'aria in Trentino: ozono fuori controllo, ecco il rapporto dell’Appa

Dalle 80 pagine del focus 2022 sull'aria, risulta che a destare qualche problema è l'ozono. È questo il gas che "sgarra", superando i limiti fissati dalla normativa

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TRENTO. Che aria tira in Trentino? Non è una brutta aria, a leggere l'aggiornamento del Rapporto sullo stato dell'ambiente redatto da Appa, l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente. Dalle 80 pagine del focus 2022 sull'aria, risulta che a destare qualche problema è l'ozono. È questo il gas che "sgarra", superando i limiti fissati dalla normativa. I dati aggiornati, che potranno essere approfonditi nel webinar di Appa, oggi pomeriggio, sono relativi al biennio 2021-2022, risulta che gli inquinanti atmosferici presenti in concentrazioni più rilevanti hanno continuato ad essere le polveri fini e ultrafini (PM10 e PM2,5), il biossido di azoto (NO2), il benzo(a)pirene e, appunto, il citato ozono (O3).Combustioni e macroinquianti.

Appa spiega che, tra i macroinquinanti, le emissioni di polveri fini e ultrafini (PM10 e PM2,5) dipendono prevalentemente dalla combustione non industriale, ovvero il riscaldamento civile (84% delle emissioni totali di PM10, 87% di PM2,5), e dal trasporto su strada (9% di PM10, 7% di PM2,5), e sono calate dalle 3.119,23 tonnellate di PM10 rilevate nell'inventario del 2015 (il precedente aggiornamento di Appa) e dalle 2.933,28 di PM2,5 alle 2.621,68 del 2019 (ultimo dato disponibile) e 2.488,06 rispettivamente. Poi, ci sono le emissioni di ossidi di azoto (NOx), che dipendono prevalentemente dal trasporto su strada (51%) e dalla combustione non industriale (13%): sono calate dalle 9.410,86 tonnellate del 2015 alle 7.261,98 del 2019.

Appa spiega inoltre che alla combustione non industriale sono associate il 70% delle emissioni di arsenico e il 98% delle emissioni di benzo(a)pirene. Tra i gas climalteranti, le emissioni di anidride carbonica (CO2) sono imputabili per il 35% al trasporto su strada, per il 22% alla combustione non industriale e per il 33% alla combustione industriale. Il dato negativo è che le emissioni di CO2 sono aumentate dalle 2.944,11 kt (chilotonnellate) del 2015 alle 3.356,05 del 2019: di queste, ricorda Appa, 2.178 kt, ovvero circa un terzo, sono assorbite dai serbatoi forestali di carbonio.Raffronto con i "vicini",Lo studio di Appa ha misurato anche la qualità dell'aria durante il lockdown 2020. In via Bolzano a Trento, per esempio, la riduzione del biossido di azoto, grazie al minor traffico, è stata del 50%.

E c'è anche un raffronto con i territori confinanti. La concentrazione media annua di polveri fini (PM10) è stata di 21 µg/mc a Trento nel 2020, rispetto al limite di legge di 40 µg/mc. Meglio Bolzano (18), Sondrio (20) e Belluno (18). Peggio le padane Vicenza (33), Verona (33) e Brescia (32). Trento è messa peggio, invece, per il biossido di azoto (NO2): 36 µg/mc (il limite è 40), mentre a Bolzano è 33, a Belluno 24, a Sondrio 20, a Verona 24 e a Vicenza 29. Solo Brescia sta peggio: 41 µg/mc. Si è detto che "sgarra" l'ozono.

L'obiettivo di legge è massimo 25 giorni di superamento. Trento è a 44 giorni, mentre Bolzano è ferma a 6. Peggio Vicenza (58), Brescia (62) e Verona (61).Gli effetti sulla salute.Per ogni inquinante, con riferimento agli obiettivi dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanità), Appa ricorda gli effetti sulla salute. Un'esposizione a lungo termine a inquinamento da polveri fini e ultrafini (PM10 e PM 2,5) sui livelli di concentrazione massima giornaliera registrati nel 2021 presso la stazione di Trento Parco S. Chiara, causerebbe tra gli adulti trentini 153 morti in un anno (circa il 4% della mortalità adulta), di cui 9 per cancro del polmone (5% della mortalità per cancro del polmone). Inoltre si aggiungerebbero 17 nuovi casi di cancro del polmone (6% dell'incidenza di cancro del polmone) e oltre 3.600 casi di bronchite cronica (17% dei casi totali). Nel breve termine, invece, le conseguenze comporterebbero annualmente 20 ricoveri per malattie respiratorie (0,35% dei ricoveri per cause respiratorie) e altrettanti per malattie cardiovascolari (0,17% dei ricoveri).

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