Scuola / La protesta

Tornano in piazza le educatrici degli asili nido: nulla è cambiato sulle condizioni di lavoro

A Trento, giovedì 9 marzo, nuova manifestazione indetta da Fp Cgil e Fisascat Cisl: "Il personale continua a essere sotto-inquadrato e non ha ricevuto quanto spetta con il rinnovo contrattuale"

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TRENTO. Tornano in piazza i lavoratori degli asili nido trentini, a poco più di un mese dalla precedente mobilitazione: l'iniziativa si svolgerà a Trento giovedì 9 marzo.

Al centro della iniziativa, le questioni riguardanti il contratto e le condizioni di lavoro. Un nuovo fronte, dunque, nel mondo della scuola, dopo quello ormai datato delle materne, con la contestatissima decisione provinciale di tenerle aperte anche nel mese di luglio.

"Per le educatrici dei nidi esternalizzati nulla è cambiato: continuano ad essere sotto-inquadrate né hanno ricevuto quanto spetta loro con il rinnovo contrattuale", scrivono Fp Cgil e Fisascat Cisl in una nota diffusa nel pomeriggio di oggi, 6 marzo.

La protesta in piazza delle educatrici degli asili nido

Mobilitazione, questa mattina a Trento, delle educatrici degli asili nido, che si sono dapprima riunite nella sede Cgil e poi in piazza Dante, davanti al palazzo della Provincia. Al centro della iniziativa dei lavoratori, le questioni riguardanti il contratto e le condizioni di lavoro.

"Questo proseguono - nonostante l’assessore Mirko Bisesti avesse annunciato lo stanziamento di 29,9 milioni di euro proprio per far fronte al rinnovo contrattuale. Per questa ragione le educatrici, stanche di attendere e di vedere totalmente disattese le loro richieste, giovedì 9 marzo dalle 9 alle 12 saranno in piazza Dante, con un presidio di protesta per poi muoversi in corteo alla volta di via Segantini.

I sindacati denunciano che "fino a questo momento le cooperative che gestiscono i nidi non hanno rispettato il contratto collettivo sottoscritto nel 2019 per tutte le educatrici con titolo, ad eccezione delle sole laureate e con un ritardo di oltre due anni. Questo vuol dire che le cooperative "hanno risparmiato per due anni sulla loro busta paga".

Sempre secondo quanto scrivono le due organizzazioni sindacali, le realtà in questione "stanno, inoltre, trattenendo, come confermato dalla Federazione delle cooperative, le risorse stanziate dagli enti locali nei nuovi appalti dal momento che erogano livelli di inquadramento e, dunque di retribuzione, più bassi rispetto a quelli usati nei capitolati di gara come base di calcolo del costo del personale educativo con titolo che di quello addetto all'infanzia con funzioni non educative".

Le educatrici degli asili nido in assemblea su contratti e condizioni di lavoro, presidio davanti alla Provincia

Affollata mobilitazione, questa mattina a Trento, delle educatrici degli asili nido, che si sono dapprima riunite in un'affollata assemblea nella sede Cgil e poi in piazza Dante, davanti al palazzo della Provincia, per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro e inquadramenti contrattuali adeguati [foto di Alessio Coser]
MOBILITAZIONE In piazza a Trento le educatrici degli asili nido

Le due sigle sindacali puntano il dito anche contro la Federazione che mette in dubbio la valenza di titoli riconosciuti dalla normativa nazionale e provinciale per il corretto inquadramento professionale, salvo poi accettare che questi stessi titoli abbiano valore per definire il costo della manodopera nei nuovi appalti.

"Ad oggi le lavoratici e i lavoratori del settore rimangono nella stessa, intollerabile situazione di sotto-inquadramento", rimarcano Roberta Piersanti di Fp Cgil e Fabio Bertolissi di Fisascat Cisl.

"La Provincia e chi esternalizza i servizi - sostengono i due sindacalisti -  sostengono di aver erogato risorse sufficienti, non ritengono evidentemente necessario chiedere conto di dove dette risorse finiscono e le cooperative, che sostengono che detti fondi manchino, ritengono possibile limitarsi a continuare a disapplicare il Contratto collettivo anziché attivare un tavolo di confronto con tutte le parti sociali per ragionare sulle soluzioni, affinché il maggior costo dell'appalto legato ai rinnovi contrattuali o ad altri fattori sopravvenuti, non finisca per essere scaricato su chi si è aggiudicato l’appalto e in ultima istanza sulle lavoratrici", concludono Piersanti e Bertolissi.

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