Frodi / Il fatto

Carta di credito rubata, anche l’imputata è vittima: la storia

Una 63enne insegnante, che mai ha avuto problemi con la giustizia - è stata assolta in abbreviato: non c'è stato alcun accesso abusivo a sistema informatico né è responsabile di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento (questi i reati contestati). Anzi, è lei stessa parte lesa in quanto vittima di un hacker

TRENTO. Il numero di cellulare abbinato all'acquisto online era il suo. Ma non è stata lei a fare gli ordini sulla piattaforma online utilizzando la carta di credito intestata ad una ignara una donna trentina, spillandole denaro. A quasi due anni dai fatti, l'imputata – una 63enne insegnante residente in Campania, che mai ha avuto problemi con la giustizia - è stata assolta in abbreviato: non c'è stato alcun accesso abusivo a sistema informatico né è responsabile di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento (questi i reati contestati). Anzi, è lei stessa parte lesa in quanto vittima di un hacker.

Per tutelare la sua onorabilità ha infatti presentato denuncia contro ignoti: da imputata a vittima. Come ha ricostruito l'avvocato Paolo Dal Rì, difensore dell'imputata, alla professoressa campana era stata rubata - in parte - l'identità attraverso un numero vecchio di cellulare, da tempo non utilizzato e poi dismesso: anche attraverso tale numero un hacker era riuscito a completare tre ordini nell'arco di due settimane con il denaro - poco più di 50 euro, complessivamente - portato via dalla carta di credito di una ignara donna trentina.

I carabinieri erano arrivati al nome della professoressa campana, segnalandola all'autorità giudiziaria, in quanto risultava intestataria del numero di telefono che l'acquirente (nonché truffatore) aveva fornito per la fatturazione. Come è stato possibile che uno sconosciuto (che ad oggi non ha un nome) abbia rubato l'identità dell'insegnante? L'ipotesi è che sia venuto in possesso del vecchio numero di cellulare in quanto in passato fornito dalla donna in modo del tutto lecito per avere servizi, ad esempio per la banca o per la tessera fedeltà.

Quel numero era stato dunque utilizzato per completare i dati da inserire nella piattaforma online per completare il pagamento di tre oggetti (un paio del valore di una ventina di euro ed uno che costava una decina di euro) destinati a persone che vivono in posti diversi d'Italia. Come ha evidenziato il difensore dell'imputata, non è emerso un diretto collegamento fra il numero di cellulare utilizzato per gli acquisti e la clonazione della carta di credito della donna trentina.

L'insegnante, inoltre, non sarebbe molto pratica della "rete" , utilizzandola solo nell'ambito lavorativo e mai per effettuare acquisti. Nei giorni scorsi la donna è stata assolta dal giudice Marco Tamburrino.

comments powered by Disqus