Disabilità / Il ricordo

Graziella Anesi, la carrozzina a motore e una generosità infinita: «È necessario trovare un forte impegno nella vita»

In un'intervista sull'Adige dell'ottobre 2010 la protagonista del volontariato trentino, scomparsa oggi, 24 gennaio, affronta le tematiche della disabilità e spiega la propria malattia, prendendo spunto da un documentario su una donna iraniana affetta da sindrome delle ossa di cristallo, che fu presentato nel capoluogo al festival Religion Today

IL LUTTO Addio a Graziella Anesi, straordinaria anima dell'impegno sociale

TRENTO. Nel giorno tristissimo della scomparsa di Graziella Anesi, riproponiamo dall'archivio del nostro quotidiano questo articolo del 2010 nel quale la protagonista dell'impegno sociale in Trentino affronta le tematiche della disabilità e spiega la propria malattia, prendendo spunto da un documentario che fu presentato nel capoluogo al festival Religion Today.

- Sindrome delle ossa di cristallo: una malattia che costringe a non fare movimenti bruschi, pena fratture dolorosissime e difficili da curare. È ciò che accomuna la storia narrata nel documentario «When a line of light shine» (Quando brilla una linea di luce) di Shahriar Pourseyedian (Iran) e Graziella Anesi, presidente di Handicrea a Trento.

La Anesi è stata chiamata a giudicare una serie di film sulla disabilità, assieme ad una delle giurie speciali del festival Religion Today.

«Nel documentario iraniano si parla di una donna di 35 anni, accudita dalla sorella, che ha la mia stessa malattia: l'osteogenesi imperfetta. Implica una crescita parziale delle ossa, che comporta un minor sviluppo di tutto il corpo e l'estrema fragilità delle ossa», ci ha spiegato la Anesi.

«Mi ha colpito soprattutto la forza di questa donna e la capacità di reagire, anche grazie alla famiglia, in una situazione molto più difficile della mia. Io ho una carrozzina a motore: lei viene spostata con delicatezza dalla sorella, con una carriola».

La Anesi spiega che la malattia è dovuta alla mancanza di un enzima, e basta anche solo uno starnuto troppo forte per provocarsi una frattura. L'abbiamo raggiunta in ospedale, al San Camillo, dove si trova da circa un mese a seguito della frattura di entrambe le gambe. Era sulla carrozzina e un piccolo scalino, di cui non si è accorta, le ha dato un colpo alle gambe.

La Anesi ha un linguaggio ricco, una intelligenza particolare: ma non ha potuto frequentare le scuole superiori. «Ai miei tempi c'erano troppe barriere architettoniche e non potevo rischiare a spostarmi continuamente: in compenso ho letto molto».

Nel documentario emerge come la famiglia della donna ammalata si mobiliti attorno a lei: «sembra quasi che sia lei a dare forza agli altri, con la sua tenacia. La si vede pregare molto, a volte in silenzio. Preghiere islamiche».

La condizione di disabilità apre a una diversa dimensione di fede?

«Penso che sia possibile: per chi è colpito dalla malattia e per coloro che gli sono vicini. Ci si può aprire alla fede anche nei piccoli gesti, come aprire la finestra la mattina. L'handicap mette a dura prova il rapporto con gli altri, con la propria famiglia. Io e la donna del documentario, abbiamo una famiglia capace di aiutarci. Ma non per tutti è così. L'handicap mette a dura prova la ricerca di una normalità che non arriverà mai. La fede può aiutare molto: averla o meno fa la differenza».

È così anche per lei?

«Non mi ritengo una persona di grande fede: ammiro tutte le religioni che sono fonte di serenità. Ma poi è necessario trovare un forte impegno nella vita: la donna del film dipinge, ha nell'arte la sua forma di comunicazione. Per me è diverso: da quando ho la carrozzina a motore posso impegnarmi nel sociale e mi sono dedicata ad Handicrea».

Che ruolo hanno gli strumenti come la sua carrozzina, per migliorare la vostra vita?

«Certamente sono utili: nel documentario però si vede questa donna islamica trasportata su una carriola dalla sorella: riesce lo stesso ad impegnarsi e a vivere. Non è l'aiuto esterno che cambia la vita: è il carattere di ognuno di noi». A. P.

[questo articolo è stato pubblicato sull'Adige il 12 ottobre 2010]

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