Giustizia / Il caso

Annunci "hard", informatico a processo: l’accusa è associazione a delinquere

L’uomo è indagato nell’ambito di un’indagine a Pergine e a Laives. La difesa: “Era un favora ad un amico”. Giovani ragazze cinesi costrette a lavorare anche 12 ore al giorno ma solo il 40 per cento di quello che veniva pagato restava a loro

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PERGINE. Rischia una condanna a quasi due anni di carcere per aver creato e curato la grafica dei siti che ospitavano gli annunci delle prostitute che esercitavano in due centri benessere, uno a Pergine e l'altro a Laives. Un "lavoro" che in realtà sarebbe stato solo un favore fatto ad un amico. Un "lavoro" per il quale non avrebbe neppure ricevuto alcun compenso. Ma l'accusa che è stata mossa dalla procura di Bolzano contro l'informatico altoatesino, è quello di aver preso parte ad un'associazione impegnata nello sfruttamento della prostituzione.

Giovani ragazze cinesi costrette a lavorare anche 12 ore al giorno ma solo il 40 per cento di quello che veniva pagato restava a loro. Il resto era trattenuto da chi gestiva i centri benessere di Pergine e di Pineta di Laives. Tre i cittadini cinesi che erano stati arrestati e poi c'erano i denunciati. E fra questi anche l'informatico: la sentenza (di primo grado) è attesa per la fine del mese.

Come detto anche il professionista bolzanino deve rispondere all'accusa di aver partecipato all'associazione a delinquere (la richiesta di condanna della procura è a un anno e dieci mesi) perché si sarebbe occupato della promozione dell'attività di prostituzione curando la realizzazione degli annunci.

Il difensore - Federico Fava - nel corso dell'ultima udienza ha depositato una corposa memoria difensiva a sostegno della buona fede del suo assistito. Che avrebbe accettato di curare la realizzazione grafica. Una condotta "irrilevante" e non penalmente perseguibile. Il tecnico, infatti, nega di aver in qualche modo contribuito all'associazione. E evidenzia il fatto che lui non ha mai messo piedi nei centri benessere in questione e di non aver mai trattato contratti relativi agli annunci. E, infine, di aver fatto quello che ha fatto per la grafica a titolo di favore, senza nessun compenso.

Ma cosa succedeva nei due centri benessere? In base agli accertamenti che erano stati fatti dagli investigatori le giovani cinesi sarebbero state obbligate a turni massacranti anche di dodici ore al giorno, sette giorni su sette, per soddisfare un viavai di clienti inarrestabile. In manette sono finiti tre cittadini cinesi, due uomini e una donna, e denunciati diversi altri favoreggiatori, tra cui un bolzanino (l'informatico) che si preoccupava del "marketing" dei centri, pubblicando annunci anche abbastanza espliciti sui siti internet specializzati.

Le indagini dei carabinieri avevano scoperchiato un business con un notevole giro di affari, fatti di prestazioni che costavano mediamente 100 euro, e da un giro di clientela che veniva fidelizzata in vario modo. All'inizio infatti, ai clienti veniva offerto solo un servizio di masturbazione, e solo dopo aver conquistato la fiducia del centro, ed aver dimostrato di essere persona discreta, il cliente poteva iniziare a pretendere prestazioni sempre più spinte, fino al rapporto completo.

Le ragazze erano costrette a lavorare a vivere all'interno del centro, a loro veniva corrisposto il 40% dell'incasso, mentre il 60% sarebbe rimasto ai titolari della struttura, che poi regolarmente trasferivano il denaro a quello che si presume fosse il capo dell'organizzazione.

Era stato un via vai di clienti decisamente intenso a dare il "la" alle indagini che hanno portato, fino ad ora a due patteggiamenti mentre due imputati (fra cui l'informatico) hanno scelto la strada del rito ordinario. La decisione finale, per quello che riguarda il processo di primo grado, è quindi attesa per la fine del mese di gennaio.

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