Migranti / Il caso

50 richiedenti asilo dal Trentino alla Sardegna: polemica sui tagli della giunta

I 600 posti che si sono „salvati“ sono stabilmente occupati. La decisione del ministero diventa un caso politico

di Leonardo Pontalti

TRENTO. Almeno una cinquantina dei 334 richiedenti asilo che attualmente in Trentino sono in attesa di protezione e di una sistemazione, dopo essere giunti in Italia dalla rotta balcanica, saranno trasferiti in Sardegna.

Formalmente, tutto ineccepibile dato che a stabilirlo è stato il Ministero dell'Interno. Ma la notizia riaccende il caso politico sull'accoglienza e sugli oltre 1.000 posti - quasi tutti riferibili all'accoglienza diffusa, nei paesi e nelle valli, con il coinvolgimento di associazioni, parrocchie e così via - che la Provincia ha voluto tagliare.

A confermare la regolarità delle operazioni è il commissario del governo Gianfranco Bernabei: «È il Ministero che provvede a ripartire le quote laddove ci sono disponibilità. Come la Sicilia non potrebbe ospitare sul suo territorio quelli che sbarcano via mare , così anche anche Friuli, Veneto e Trentino Alto Adige non potrebbero da soli sostenere il flusso della rotta balcanica che ha registrato un sensibile aumento negli ultimi mesi. Trieste ad esempio ha trasferito alcune centinaia di migranti in Sardegna proprio in queste ultime settimane».

Giustamente, come spiega il prefetto, il Ministero cerca posto, se dove i richiedenti sono in attesa i posti non ci sono. Ma - ricorda il coordinatore del centro Astalli Stefano Canestrini - il fatto è che fino al 2018 i posti, con l'accoglienza diffusa, erano 1.600. Nel 2017 erano 1.700. Oggi sono 600 e non si capisce perché la Provincia abbia voluto rinunciare a un modello di accoglienza che funzionava e creava comunità coinvolgendo i paesi e le valli, oltre a rappresentare un efficace modo per affrontare un problema, quello dell'afflusso dalla rotta balcanica, che è semplicemente tornato ai livelli pre Covid. Eravamo in grado di affrontare al meglio un aspetto del nostro tempo, quello delle migrazioni. Non si capisce perché si sia deciso di rinunciare a qualcosa che funzionava».

All'attacco anche la consigliera provinciale di Europa Verde Lucia Coppola, che sul punto ha presentato un'interrogazione: «Stiamo trattando come pacchi degli esseri umani scappati dalle guerre e dalla disperazione, di origine per lo più pakistana, ma anche nigeriani o provenienti da altri Paesi, arrivati da noi dopo lunghi, penosi viaggi dove tanti, troppi hanno subito ogni tipo di violenze. Persone che hanno diritto ad essere accolte e aiutate. Non vogliamo essere tra coloro che voltano la faccia davanti al bisogno. Per questo interrogo il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti per sapere se ritenga di interagire con i decisori deputati e i portatori di interesse (prefettura, questura, Comuni, Cinformi e associazioni che si occupano di migranti) per trovare spazio ed accoglienza per questi esseri umani, che non debbono essere lasciati per strada al loro destino, ripristinando al più presto l'accoglienza diffusa, che era in Trentino un modello virtuoso con cui anche le altre Regioni si confrontavano».

Quasi 5 milioni e mezzo, ma soprattutto 247 destinatari dei servizi. La cosiddetta "Educativa a domicilio" cresce e, negli anni, è diventata un punto di riferimento per tanti utenti. Alcuni dei quali si appoggiano al servizio solo per un periodo, per poi camminare da soli. La giunta ha approvato la procedura di accreditamento dei soggetti che realizzeranno gli interventi educativi nel quinquennio 2023 - 2027. «L'elenco dei soggetti è aperto - spiega una nota di palazzo Geremia - per cui la domanda di iscrizione può essere presentata in qualsiasi momento nel periodo 2023 - 2027».

Ma il via libera alla procedura è stata l'occasione di fare il punto sul servizio, che ha toccato finora 247 destinatari, di cui 174 minori, 60 persone con disabilità e 21 adulti. «Si tratta di un sostegno, garantito all'interno delle famiglie - spiega l'assessora Chiara Maule - per ritrovare la propria strada, quando per tanti motivi si è caduti in difficoltà. A volte le difficoltà sono temporanee, e da questo punto di vista io invito davvero i cittadini a farsi avanti, a non avere paura. Perché a volte c'è il timore di chiedere aiuto ai servizi sociali, perché si teme di rimanere legati a doppia mandata per sempre, ma non è così. Ci sono molte situazioni di difficoltà temporanea che poi riprendono la loro strada. Non bisogna avere paura di dire : "Sono in un momento di fatica ho bisogno di un aiuto". E spesso è utile».

Tre le categorie di persone a cui si rivolge l'Educazione a domicilio: i minorenni, le persone adulte e i disabili.Con i minorenni si tratta di un servizio che ha forte valore preventivo, rispetto al rischio di aggravamento dello stato di bisogno del minore o della sua famiglia. Se il bambino è piccolo, l'intervento è centrato sulla figura genitoriale, mentre con adolescenti e preadolescenti, l'obiettivo è quello di instaurare con loro una relazione di fiducia. «Per alcune famiglie che verranno individuate secondo criteri proposti dal programma nazionale "Pippi" - spiega il Comune in una nota - gli interventi di educativa domiciliare saranno finanziati con fondi stanziati dal Pnrr a sostegno delle capacità genitoriali e prevenzione della vulnerabilità delle famiglie e dei bambini».

Per quel che riguarda gli adulti, in una situazione di fragilità e di venir meno della rete sociale e parentale, il servizio garantisce una funzione preventiva e di contrasto alla solitudine, anche attraverso la creazione o il potenziamento di reti di prossimità e promuove un miglioramento della qualità della vita tramite il consolidamento delle competenze di vita autonoma, in un contesto di inclusione sociale.E poi c'è il mondo della disabilità. Che ha bisogno di un sostegno sociale, perché le famiglie, da sole, altrimenti spesso arrancano. E soprattutto perché le persone con disabilità con il giusto sostegno possono avere una vita autonoma. L'educativa a domicilio garantisce a queste persone un supporto all'esperienza dell'abitare con finalità educative e di orientamento a esperienze di convivenza, cohousing, accoglienza adulti. In ultima analisi, il servizio, orientato a questo tipo di utenza, è finalizzato ad aumentare la capacità di scelta, di autodeterminazione e di gestione quotidiana.

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