Sanità / L’emergenza

Medici in fuga dal sistema pubblico trentino: non tutti passano al privato, c'è chi sceglie ospedali fuori provincia

Un esempio recente al reparto di anestesia e rianimazione di Rovereto: da giugno 2021 a settembre 2022 sono andati via sei professionisti esperti, quattro nel privato e due verso il servizio pubblico a Bolzano e a Udine

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di Matthias Pfaender

ROVERETO. Non è solo la sanità privata a scippare professionisti agli ospedali trentini. Anche altri ospedali pubblici al di fuori della provincia sono oggi in grado di strappare medici al Santa Maria del Carmine o al Santa Chiara.

Un esempio recente al reparto di anestesia e rianimazione dell'ospedale di Rovereto, dove da giugno 2021 a settembre 2022 sono andati via sei professionisti esperti. In quattro hanno scelto di entrare nel privato. Altri due però hanno preferito trasferirsi in altrettanti ospedali pubblici, a Bolzano ed Udine.

Del caso si è parlato ieri in question time in Consiglio provinciale. L'assessora alla Salute Stefania Segnana ha replicato all'interrogazione del consigliere Pd Alessandro Olivi.

Segnana ha risposto che non sono sei i medici che mancano in anestesia a Rovereto, ma quattro, perché due sono stati sostituiti. «Sì, ma in un caso - ha controreplicato Olivi - avete sostituito un anestesista, che se ne è andato a fare il primario in una clinica privata, con un medico che deve ancora finire la specializzazione».

La mancanza dell'intero organico che, sulla carta, dovrebbe essere in forza nel reparto, si riflette direttamente sull'attività operatoria del nosocomio. Di nuovo, il divario tra quello che "dovrebbe essere" e la realtà è ampio. «L'obiettivo fissato dall'azienda sanitaria per Rovereto è di 41 sale operatorie a settimana. Tasso mai raggiunto quest'anno. Anzi, le sale operatorie sono gradualmente calate man manco che andavano via i medici. Fino allo scorso settembre se ne facevano 35. Oggi si è arrivati a 30».

Non solo: il già basso dato di 30 sale operatorie settimanali è raggiunto, argomenta Olivi, esclusivamente grazie agli straordinari che i medici in servizio hanno acconsentito a svolgere grazie ad un accordo con l'Apss per un compenso di 74 euro all'ora.

La crisi della sanità pubblica non riguarda solo Rovereto o il Trentino. Ma è indubbio che il calo del livello degli ospedali trentini è legato anche al trattamento economico inferiore dei professionisti che vi lavorano, visto che il Trentino è l'unico territorio in Italia dove il contratto provinciale o regionale non è stato ancora aggiornato al contratto nazionale 2016-18.

La trattativa per il rinnovo, inchiodata all'Apran, vede da un lato l'Azienda sanitaria che vorrebbe saltare a piè pari il primo rinnovo ed andare subito a contrattare il rinnovo 2020-22. Cosa che ovviamente vediecontrari i sindacati. E così, con lo stallo della trattativa, man mano la sanità pubblica trentina scivola verso il basso (il rapporto "Italia Oggi - La Sapienza" posiziona il Trentino agli ultimi posti in Italia) e i medici si preparano a scendere in piazza per protestare.

«Non intendiamo fare demagogia o proporre facili soluzioni - sottolinea Olivi -, ed è del tutto vero che la sanità è in difficoltà dappertutto, e che di medici non se ne trovano. Quello che mi allarma è invece il fatto che la giunta Fugatti nega che i problemi ci siano. Evidentemente intimoriti, insieme con i vertici da loro nominati dell'azienda, dall'enormità dei problemi che hanno capito di non saper affrontare. Sottovalutare il fatto che sei medici esperti abbiano lasciato l'anestesia di Rovereto, il reparto grazie al quale tutti gli altri, a cominciare dalle chirurgie, possono esercitare, è gravissimo. E tanto più grave, ma evidentemente non compreso da Segnana, è che ora anche altri ospedali pubblici fuori dal Trentino risultano per i medici preferibili, piuttosto che continuare a lavorare qui. La sanità pubblica trentina aspetta investimenti in edilizia sanitaria, recupero delle liste d'attesa, forme di valorizzazione e compensazione del personale sanitario stremato dal Covid».

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