Società / Il dossier

Quasi 50 mila gli stranieri residenti in Trentino nel 2021, molti i profughi impiegati nell'agricoltura

Numero in calo rispetto all'anno prima, le nazioni più rappresentate rimangono Albania, Romania, Marocco, Pakistan e Ucraina. La curatrice dello studio, Serena Piovesan, del Centro studi e ricerche Idos: molti hanno contratti a termine e aumentano i richiedenti asilo e i rifugiati impiegati nei campi

ALLARME Centinaia di immigrati sotto i ponti di Trento

TRENTO. Nel 2021 erano 48.700 gli stranieri residenti in provincia di Trento, secondo un dato Istat ancora provvisorio presentato oggi a Giurisprudenza in occasione del lancio del "Dossier Statistico Immigrazione" 2022.

"Si tratta di un dato leggermente inferiore a quello del 2020 - spiega Serena Piovesan, referente per il Trentino del Centro studi e ricerche Idos, che cura il dossier - anche se non ci sono grosse variazioni: l'incidenza degli stranieri in Trentino rimane del 9 per cento sul totale della popolazione".

A essere più rappresentate in provincia rimangono Albania, Romania, Marocco, Pakistan e Ucraina. La popolazione straniera è composta perlopiù da donne (52%), ma in alcune comunità si trovano forti squilibri di genere: in quella pachistana a prevalere sono gli uomini, in quella ucraina le donne (75%).

Con la ripresa economica cresce l'occupazione anche per le persone straniere in Trentino, che ricoprono ancora un ruolo "essenziale" in settori come l'agricoltura, il turismo e l'assistenza.

"Chiaramente - precisa Piovesan - si tratta di un'occupazione fortemente caratterizzata da contratti a termine, ma la crescita è trasversale ai diversi settori. La comunità straniera, poi, era stata molto più penalizzata di quella italiana durante la pandemia sul versante lavorativo".

Anche in Trentino - ha aggiunto Piovesan - cominciano a essere visibili i primi segnali di "profughizzazione" del lavoro agricolo.

"Questo significa che c'è un progressivo aumento dei richiedenti asilo e dei rifugiati che vengono impiegati in agricoltura - dice Piovesan -, dove rimangono degli spazi scoperti dai lavoratori dell'Europa dell'Est che non arrivano con gli stessi numeri del passato. È un punto sul quale bisogna porre attenzione, perché il lavoro agricolo presenta dei rischi di sfruttamento e di caporalato".

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