Cultura / Il lutto

Mercoledì a Trento l'ultimo abbraccio a Piero Cavagna

Il 12 ottobre alle 16 nel cimitero cittadino di via Giusti i funerali dell'indimenticabile fotografo scomparso l'altroieri in seguito a un incidente in montagna. L'immenso dolore di chi lo conosceva, la grande perdita per l'intera comunità, orfana di un talente straordinario

LA TRAGEDIA Una caduta fatale lungo un sentiero in valle dei Laghi
STORIA Alcuni degli "scatti" di Piero Cavagna per le cronache dell'Adige

di Paolo Micheletto

TRENTO. Pensi a Piero Cavagna e la prima parola che ti viene in mente è «talento». Sì, Piero Cavagna aveva talento. Cioè, aveva quella cosa che lo portava a pensare (e a fare) qualcosa di diverso dagli altri. Piero Cavagna, rappresentante di spicco della generazione di fotografi trentini che ha dovuto fare la conversione al digitale, aveva tutto, per essere diverso dagli altri: l’intuizione, la tecnica, l’idea, la capacità di entrare in contatto con le persone.

E come tutti i talentuosi fuggiva dalla tentazione della noia, del gesto ripetitivo, della consuetudine. Più volte, quando aspettavi la “solita” foto, Piero aveva la capacità di sorprenderti. Lo ammettiamo: forse Piero Cavagna è stato troppo avanti per molti di noi.

Non è sempre stato facile, per chi ha lavorato con lui, essere sulla stessa lunghezza d’onda. Del resto Piero Cavagna aveva anche l’umiltà di studiare da vicino i grandi maestri del Novecento e - perché no? - di prendere a prestito qualche idea.

Questo giornale ha pubblicato migliaia di foto di Piero Cavagna: alcune di sola cronaca, perché Piero era (anche) un ottimo cronista; molte con una propria interpretazione, perché la realtà si può sempre guardare da diversi punti di vista, come Piero Cavagna ci ha insegnato.

Molte immagini di Pic (come amava firmarsi) resteranno nella storia, come quando fece fare ai vip trentini (compreso il vescovo Bressan) «il salto nel Duemila». Ci resteranno tante lezioni, di Piero Cavagna. Caro Piero, ora «tienila grande, quella foto».

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