Economia / Ricettività

Hotel abbandonati da risanare con i soldi pubblici? Battaiola: intanto era importante fare il punto

Il presidente degli albergatori trentini e la ricetta del rilancio, fra condo-hotel, incentivi, deroghe ai Prg e il «fondo alberghi» istituito recentemente dalla giunta provinciale

BILANCIO Le conseguenze del covid sul turismo

TRENTO. «Era necessario fare il punto, rendersi conto della grandezza del problema, ora pensiamo alle possibili soluzioni». Il presidente Asat e Trentino Marketing Gianni Battaiola torna sul tema degli alberghi dismessi. E lo fa perché la questione è ormai impattante: 143 alberghi dismessi da almeno 10 anni, come ha riportato L'Adige nell'edizione di giovedì, sono un'infinità.

Sono i cadaveri di un'economia turistica che, nel tempo, ha lasciato la scia di edifici abbandonati a se stessi. «Fa davvero impressione. Quando vai in alcune località e vedi queste strutture, con le insegne ancora appese, quelle del caffè dico, o della birra, magari senza una lettera perché nel frattempo è caduta. Dà veramente un senso di abbandono e nostalgia».

Presidente, come siamo arrivati a 143 alberghi abbandonati da più di 10 anni?

«Non possiamo dirlo, perché le chiusure, risalenti nel tempo, hanno tante motivazioni. Molte dipendono da un cambio generazionale non riuscito, o da un cambiamento nelle richieste dell'ospite, o ancora sono dovuti a collocazioni diventate all'improvviso non più appetibili, perché magari sono su strade non più di grande passaggio. Non c'è un motivo solo, non sono il segno di una crisi del settore».

Ma sono un problema. Per questo anche voi avevate chiesto il monitoraggio.

«Sì. Era necessario fare il punto per rendersi conto della grandezza del problema».Diciamo che non è piccolo.«Quello che è ora importante, è trovare una strategia per recuperare quelle strutture, o più di una strategia. Nel rispetto dei privati e della proprietà privata».

E come li convinciamo, i privati?

«Incentivi possibili ci sono. Per esempio, si può ragionare di deroghe al Prg, in caso di edifici in centro storico. Oppure possiamo pensare, per le strutture ormai fatiscenti, ad un abbattimento, con in cambio dei crediti edilizi che possono essere ceduti. Certo per questo i Comuni coinvolti dovrebbero prevedere le regole per la gestione. Con un accortezza: bisogna fare attenzione che questo recupero non diventi un volano per ulteriori seconde case».

Una delle ipotesi dello studio è il Cond-hotel. Cos'è?

«Diciamo che è una via di mezzo tra un hotel e un residence e una seconda casa. Faccio un esempio: anziché avere 100 camere, un hotel può avere alcuni spazi che sono, di fatto, degli appartamenti. Ma a cui garantisce i servizi dell'hotel. C'è una portineria, se si vuole si scende a far colazione, se si preferisce si sta nell'alloggio, perché si è autonomi».

Questo sarebbe utile al settore in che modo?

«Gli alberghi che hanno bisogno di liquidità hanno la possibilità di vendere questi appartamenti, così da rafforzarsi sul piano finanziario».

Una delle ipotesi che mette in campo lo studio è quello di usare queste strutture come foresterie, per gli operatori del turismo. Sarebbe utile?

«Certo. E su questo sono stati fatti dei passi avanti, la normativa che permette questo c'è, su nostra sollecitazione. Il quadro normativo però non è completo, perché bisogna che tolgano alcuni obblighi che nell'alberghiero ci sono, come la prima colazione o la portineria. Ma si sta lavorando anche in questo senso».

Basterà mettere in campo degli incentivi, per dare un futuro ad aree dismesse?

«Non lo so, ma di più non si può fare: la proprietà privata è sacra. Ma i proprietari di queste aree al momento hanno dei costi, con i crediti edilizi, per esempio, potrebbero venderli. Può essere un incentivo interessante. È quel che va fatto: dobbiamo mettere a terra qualche condizione magari anche per riportarli ad attività turistiche. Anche nella legge di assestamento c'è qualche previsione rispetto ad iniziative di recupero ed aiuto, vediamo».

Il fondo alberghi. Ma pensavo fosse per crisi di oggi, non per alberghi chiusi da oltre 10 anni.

«Io dico che se costruiamo all'interno del fondo alberghi un sistema dove le imprese riescono a creare una rete che supporti il recupero, potrebbe starci. Magari con qualche finanziamento, certo. Ma con il supporto di qualche imprenditore che ha voglia di mettersi in gioco, garantendo l'affiancamento con la sua professionalità».

comments powered by Disqus