Economia / Analisi

Le imprese trentine e le difficoltà di accesso al credito: adesso si rischia la «tempesta perfetta»

I risultati nel convegno ospitato dalla Camera di Commercio di Trento: il nodo degli aiuti pubblici post-Covid, che non potranno durare per sempre

di Daniele Battistel

TRENTO. Chi ha resistito è più forte di prima. Per gli altri le crisi dei mutui subprime e del debito sovrano di una decina d'anni fa sono stati gli scossoni che piano piano hanno condotto verso il baratro definitivo.

Questo, in un flash, il riassunto di quanto emerso dal convegno sulle imprese del Trentino e l'accesso al credito, organizzato ieri dalla Camera di Commercio di Trento e dalla filiale cittadina della Banca d'Italia all'auditorium Seac.

«Nonostante la pandemia la situazione è migliore rispetto al 2014» ha chiosato il direttore della filiale trentina di Bankitalia, Maurizio Silvi. Attenzione, però, l'avvertimento del presidente della Camera di Commercio Giovanni Bort che in premessa ha voluto ricordare gli ultimi shock subiti dall'economia mondiale: «Ora rischiamo di trovarci di nuovo in una "tempesta perfetta", che se dovesse protrarsi a lungo, getterebbe le basi per una crisi economica devastante, forse anche superiore a quella del 2008/09».

Secondo le analisi dei ricercatori di Bankitalia Antonio Accetturo e Michele Cascarano nel corso del decennio passato, le dinamiche del credito alle imprese hanno avuto andamenti differenziati per settore e classe dimensionale: i prestiti sono cresciuti fino al 10 per cento per il settore dei servizi, sono rimasi stabili per la manifattura, mentre le costruzioni (settore in crisi in quegli anni) hanno subito una stretta fino al 30 per cento. In generale le imprese piccole hanno visto il loro grado di finanziarizzazione calare del 10 per cento nell'ultimo decennio, in considerazione del fatto che quelle meno "performanti" sono state di fatto espulse dal mercato.

Questo ha portato ad un incremento della redditività media, che però resta strutturalmente inferiore per le imprese più piccole. La quota di debiti bancari complessivamente detenuta dalle imprese più rischiose si è drasticamente ridotta, così come si sono progressivamente allungate le scadenze dei prestiti.

Aumenta dunque la liquidità delle singole aziende anche se non è del tutto chiaro il perché: imprenditori più oculati nelle scelte o mancanza di spinta ad investire?Insomma, la pandemia ha colpito un sistema produttivo trentino che era in una fase di progressivo rafforzamento, contraddistinta da una minore vulnerabilità rispetto al passato.

Grazie alle misure di sostegno messe in piedi dalla Provincia (moratorie e nuovi prestiti a garanzia pubblica) le imprese sembrano reagire bene: c'è stato sì un incremento dell'indebitamento e un complessivo incremento della rischiosità, ma in misura più contenuta rispetto alla media nazionale. L'assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli, però, ha frenato l'illusione di chi sperava nel proseguimento delle politiche espansive del pubblico: «Credito e interventi a fondo perduto sono stati necessari in una fase di forte crisi come quella pandemica. Iniettare ancora denaro va considerato con attenzione per non alimentare la speculazione» ha spiegato.

«Faremo tutto il possibile per affrontare la situazione difficile e confermare il ruolo di faro dell'ente pubblico che, come durante la crisi pandemia, dia speranza e futuro all'economia trentina».

Ora tre nuove sfide attendono le nostre imprese, secondo Bankitalia: ristrutturazione del sistema produttivo, utilizzo dei fondi pubblici del Pnrr e resilienza di fronte agli shock energetici e al passaggio verso un'economia green.

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