Concessione dell'A22, oggi vertice con la ministra, ipotesi di proroga

Ipotesi di proroga

di Domenico Sartori

I 314 chilometri di nastro d’asfalto dell’A22, tratta autostradale di rilievo internazionale, contano meno degli ombrelloni di una spiaggia sull’Adriatico? La domanda, ieri l’altro, se la sono posta nella seduta del consiglio di amministrazione di Autostrada del Brennero spa. Ed è una domanda che, domani, la delegazione dei soci pubblici della spa di via Berlino porrà alla ministra alle infrastrutture e ai trasporti, Paola De Micheli, che li ha convocati a Roma.

Sarà una delegazione ristretta, per una riunione “in presenza” che si annuncia decisiva quanto delicata. Ma cosa c’entrano gli ombrelloni? C’entrano, perché con la legge 145 del 2018 (legge di bilancio), lo Stato ha previsto la proroga delle concessioni demaniali marittime per 15 anni, a partire dall’1 gennaio 2019. E per autorizzare la proroga, non ha bussato a Bruxelles, come ha invece fatto questa volta la ministra De Micheli. È infatti noto che la ministra, il 2 ottobre, ha chiesto alla Commissione europea se fosse possibile una proroga di 10 anni della concessione, senza modificare la compagine societaria (quindi mantenendo la presenza di minoranza dei quattro soci privati), vincolandala all’attivazione di investimenti in risposta alla pandemia Covid-19. Ed è altrettanto noto che la risposta arrivata da Bruxelles, firmata dal vicedirettore generale della Direzione mercato interno, Hubert Gambs (un austriaco che si è laureato in legge ad Innsbruck) ha smorzato le aspettative dei soci che sulla proroga puntano (il governatore trentino Maurizio Fugatti e gli altri soci del sud): «Un siffatto affidamento senza gara può essere incompatibile con le norme UE in materia di aiuti di stato» scrive Gambs. La proroga di una concessione già scaduta sarebbe quindi «incompatibile con la normativa UE in materia di appalti pubblici e concessioni».

Con la ministra De Micheli, Fugatti e colleghi pro-proroga chiederanno ragione del perché essa possa valere per ombrelloni e spiagge e non per A22. Chiederanno, nella sostanza, se c’è la volontà di aprire un confronto politico con la Commissione, attraverso il commissario Paolo Gentiloni, come sollecitato fin dall’inizio. È assai probabile che però la ministra tenga fede alla soluzione prospettata: no alla proroga, ma affido in house della concessione ad Autobrennero resa totalmente pubblica, attraverso l’esercizio del riscatto ad un prezzo (70 milioni di euro) che non tenga conto del Fondo Ferrovia (800 milioni) accantonato dal gennaio 1998. Se questa, per evitare la gara, sarà la soluzione definitiva da inserire nelle legge finanziaria 2021 (il termine ultimo per la firma della concessione è stato spostato al 29 dicembre), restano però tutte intere le criticità che il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, ha ribadito in cda.

Al di là del rischio contenziosi con i soci privati, che considerano il riscatto per legge alla stregua di un “esproprio”, c’è da mettere davvero in grado di operare la “nuova” Autobrennero tutta pubblica. C’è quindi un piano economico finanziario da riscrivere, dopo il calo dei traffici dovuti alla pandemia Covid-19. C’è da chiudere, prima della firma della concessione, i due contenziosi aperti, potenzialmente dirompenti per la società: quello sugli extraprofitti, che può impattare sul patrimonio di Autobrennero per mezzo miliardo; e quello con l’Agenzia delle entrate, che non considera in esenzione di imposta le quote del Fondo ferrovia accumulate dal maggio 2014, da quando è scaduta la concessione. E quel 25% di Ires che il fisco chiede di incassare, impatterebbe per altre decine di milioni su Autobrennero. E c’è, non ultima, la questione della governance, che i soci pubblici vorrebbero mutare, perché, così come è prevista, consegna troppi poteri al governo e renderebbe ingovernabile la spa. Questioni di assoluto rilievo. Se Kompatscher e Fugatti condividessero una linea comune, affrontarle sarebbe relativamente meno complicato. Ma così non è.

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