Giorgia Depaoli, cooperante trentina e simbolo di solidarietà premiata da Mattarella: «Che sorpresa»

di Patrizia Todesco

Tra i 50 cittadini che il presidente Sergio Mattarella ha voluto insignire dell'onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica perché, anche se con ruoli diversi, si sono distinti nel servizio alla comunità durante l'emergenza Coronavirus, c'è anche la trentina Giorgia Depaoli. 47 anni, da venti cooperante internazionale soprattutto in difesa dei diritti della donna. In questa occasione il riconoscimento è arrivato per l'impegno profuso a livello locale durante il lockdown. Bloccata in città durante l'epidemia di Covid-19, Giorgia Depaoli ha messo a disposizione tempo ed esperienza prima per il progetto «Resta a casa passo io» e poi ha collaborato con il Comune di Trento, gli alpini e la Caritas per la consegna dei pacchi viveri nell'ambito del progetto «Trento ti aiuta».
In realtà la cooperante è ancora incredula per essere diventata il simbolo della solidarietà trentina.
«L'ho saputo dai giornalisti e ancora non ci credo - ammette - anche perché il mio contributo al volontariato trentino in questi mesi è stato limitato. Sono da un lato sorpresa e dall'altra mi sento di accogliere questo premio con molta umiltà perché so che c'è gente che fa volontariato molto più di me. Per questo riceverò il riconoscimento a nome di tutti i volontari».
Casualmente, durante il blocco totale delle attività, Giorgia Depaoli si trovava in città. «La maggior parte del mio tempo lo passo in paesi in conflitto e post conflitto, soprattutto nel Nord Africa e nel Medio Oriente.
Come si spiega, allora, questo riconoscimento dal presidente Mattarella?
Credo che abbia avuto visibilità l'intervista che mi è stata fatta un paio di settimane fa e forse ancora di più abbia contato il fatto che da vent'anni faccio la cooperante in giro per il mondo e dunque il fatto che in questo momento si è unita la dimensione internazione con la dimensione locale. Si può contribuire a migliorare la società nel mondo intero ma anche nella propria realtà, anche nel microcosmo dove viviamo ci sono persone più fragili e vulnerabili.
Quale era il suo compito, come volontaria, durante il lockdown?
Inizialmente andavo a fare spese per persone anziane, poi sono passata alla consegna dei pacchi alimentari in collaborazione con Caritas, il gruppo degli Alpini e il Comune di Trento. In realtà il grosso del servizio lo hanno messo in piedi loro e noi volontari abbiamo dato una mano nella logistica. Questa esperienza mi ha fatto ricordare che anche nel nostro privilegiato trentino ci sono realtà che hanno bisogno di aiuto.
Immagino che, visto il suo lavoro, non si fermerà a Trento a lungo.
È stata solo una parentesi. Adesso sto lavorando da casa perché la tecnologia lo permette ma appena gli aeroporti apriranno e la situazione sarà più tranquilla partirò. Non vedo l'ora. Prima del blocco dovevo andare in Sudan.
Come è nata questa sua passione per la cooperazione internazionale?
Io sono cresciuta in una famiglia dove il volontariato è sempre stato un tema dominante. Da ragazza ero attiva in parrocchia, con il Centro Diocesano e poi ho approfondito con studi di cooperazione internazionale. La mia è una missione mista a passione. Mi ritengo privilegiata. Uno pensa di dare, ma poi molto è quello che si riceve.
Questo riconoscimento cambierà qualcosa?
Intanto deve passare l'effetto sorpresa. Direi che forse sento ancora di più la responsabilità e, se ce ne fosse bisogno, sottolinea l'importanza del sostenere chi è più vulnerabile. Prendo il riconoscimento con gioia ma anche con la responsabilità di sentirmi ancora più motivata nei miei progetti.
Cosa l'ha sorpresa in queste settimane di volontariato in Trentino?
Sapevo che il Trentino è da sempre una terra di gente generosa e ho trovato tante conferme. Ci sono tantissimi volontari. Mi ha fatto piacere che, nonostante la fase politica e discorsi molto duri, dove sembra non ci sia sempre spazio per chi è diverso, qui invece c'è ancora tanto spazio per una visione più umana, di solidarietà.

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