L'infettivologa del S. Chiara «Così curiamo i nostri malati»

di Patrizia Todesco

I primi pazienti Covid-19 sono arrivati nel reparto di Malattie infettive del S. Chiara due settimane fa. La prima paziente è stata la signora di 84 anni dimessa nei giorni scorsi. Poi è stato un crescendo di numeri. Attualmente tutti i 13 posti letto sono occupati per malati di questo virus.

La dottoressa Lorenza Guella, medico specialista delle malattie infettive di Trento, sottolinea però che il lavoro è di squadra. «È importante il lavoro degli infettivologi e dei rianimatori, ma altrettanto importante è quello tutti gli altri operatori sanitari, a partire dai medici di medicina generale e quelli delle Rsa passando agli infermieri, gli Oss e in generale a tutti coloro che lavorano a contatto con i pazienti».  

Dottoressa Guella, oggi la maggior parte di pazienti con Codid-19 viene gestito a casa. I casi più gravi vanno in rianimazione. Quali problemi presentano coloro che vengono ricoverati in Malattie infettive?

Sono per lo più pazienti con febbre elevata e stanchezza importante; spesso cefalea e talvolta diarrea. Presentano anche un’insufficienza respiratoria. Arrivano in Pronto soccorso per un peggioramento della sintomatologia di base, in particolare dell’insufficienza respiratoria.

A che cure vengono sottoposti se al momento non esiste un farmaco per questo virus?

Vengono utilizzati dei farmaci antivirali e antiinfiammatori utilizzati in altre patologie e già sperimentati in infezioni virali simili da Coronavirus, dove hanno mostrato una certa efficacia. Viene inoltre impostato un trattamento antibiotico empirico se vi è il dubbio di sovra infezioni batteriche e vengono somministrati antipiretici. Si utilizza inoltre ossigenoterapia.

Da quanto è iniziata quest’emergenza quanti pazienti avete dimesso? Come si evolve la malattia quando tutto va bene e quali sono le condizioni perché ciò possa accadere?

Abbiamo dimesso quattro pazienti, tra cui appunto una signora di 84 anni e fortunatamente nessuno dei pazienti qui ricoverati ha dovuto essere trasferito in terapia intensiva. Durante la degenza i pazienti che vanno incontro a miglioramento si sfebbrano e presentano risoluzione della dispnea. In generale hanno una prognosi migliore i pazienti più giovani e con poche copatologie. I dati al momento in nostro possesso sono ancora pochi ed è difficile dare risposte precise.

Quali sono le misure di sicurezza adottate per proteggere gli altri pazienti e i sanitari?

I pazienti vengono messi in stanze di isolamento e il personale utilizza dei dispositivi di protezione individuale quali mascherine, sovra camice, visiera protettiva per gli occhi tutti monouso. Le stanze possono essere singole o doppie e evidentemente in quelle doppie vengono ricoverati pazienti con la stessa patologia, in questo caso Covid-19. Questi pazienti non possono ricevere visite dall’esterno e gli eventuali contatti durante il ricovero sono solamente telefonici.

Come riuscite a far fronte all’enorme carico di lavoro che vi si sta presentando in questi giorni?

Si affrontano i problemi quotidianamente e si modificano le strategie a seconda di come evolve la situazione e delle novità diagnostico/farmacologiche.

Quali consigli vi sentiti di dare alla popolazione, giovani e anziani?

Chiediamo a tutti di rimanere a casa e di uscire solo in caso di assoluta necessità. Questo aiuterà a ridurre il numero di contagi. L’Azienda sanitaria si è organizzata per creare altri posti in altri ospedale, la nostra medicina ha serie stanze dedicate per pazienti sospetti in attesa dell’esito del tampone ed è stata attrezzata anche la pneumologia di Arco. Tutti sono impegnati per fronte a quest’emergenza e anche i cittadini devono fare la loro parte stando a casa e riducendo al minimo i contatti.

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